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YSEEAM – Un progetto per promuovere il senso di iniziativa e di imprenditorialità

Dal 4 al 12 giugno 2022 a Tusa un CORSO DI FORMAZIONE sull’ imprenditoria sociale

di Letizia Passarello

Un nutrito gruppo di giovani provenienti da tutto il mondo si è dato appuntamento a Castel di Tusa per un corso di formazione sull’Imprenditorialità Sociale.
A coordinare il progetto, finanziato dal Programma Erasmus più KA2, Gregorio Sambataro e Huyen Trang Dang , titolari dell’associazione New Horizons, con sede proprio nell’antico borgo marinaro.

Gregorio Sambataro e Huyen Trang Dang

L’evento si inserisce all’interno del progetto “YSEEAM– Youth Social Entrepreneurship Education for All with Moodle”.

Muhammad Rabiu Alhassan (Ghana)

L’obiettivo è quello di formare nuovi imprenditori giovanili nei paesi africani, caraibici, del Sud Est asiatico ed anche del Nord Europa, arricchendoli con le conoscenza di base di impresa sociale, nonché il know-how digitale e tecnico per l’utilizzo della piattaforma MOODLE.
Il corso che si è svolto dal 4 al 12 Giugno prevedeva un momento formativo in aula e la visita di aziende locali operanti in svariati settori merceologici.
Nello specifico i partecipanti hanno visitato due aziende dedite alla produzione e commercializzazione di prodotti agricoli,

in visita al laboratorio Casaleni Natural Bio

la“Casaleni Natural Bio”. Il processo produttivo di una tipica azienda artigianale italiana ha tributato un grande interesse tra i partecipanti che hanno potuto costatare nello specifico il processo di preparazione della semola di grano duro prodotta dall’ Azienda Casaleni. Successivamente nel punto vendita a Santo Stefano di Camastra il processo di commercializzazione e le strategie di marketing aziendale. Poi in visita all’ Azienda Agricola dei F.lli Miceli” di Tusa per scoprire il magico mondo delle lumache ed il loro impiego della gastronomia e nella cosmesi naturale ed infine presso l’associazione  sportiva “Libra” di Castel di Tusa per apprendere gestione e menagment di una tipica struttura sportiva
Nella giornata dell’ 8 giugno ha avuto luogo la visita presso il Comune di Tusa e i 23 partecipanti provenienti da diverse Nazioni dell’ Europa, Africa ed Asia, sono stati accolti nella sala consiliare dal Vice Sindaco, Angelo Tudisca.

Al Castello di San Giorgio di Castel di Tusa

Giorno 10 Giugno, i giovani sono stati ospiti dell’imprenditore Placido Salamone nel suo castello di San Giorgio, per un momento di convivialità e per ascoltare quali fossero le loro impressioni sulle attività svolte. Ne è uscito fuori un bagaglio di esperienze altamente positivo. Questi ragazzi sono rientrati nei Paesi di origine con conoscenze approfondite sulle modalità con cui vengono gestite le aziende nel meridione d’Italia e pronti per fondarne di proprie o ricoprire ruoli di prestigio in aziende partner.
Il Corso di Formazione – ha affermato Gregorio Sambataro – ha rappresentato la ripresa delle mobilità previste dal progetto dopo la pausa forzata a causa della pandemia; seguiranno diversi seminari e workshop nei sette paesi partner durante i quali i partecipanti italiani coinvolgeranno gli altri giovani tusani e la comunità locale.
Da segnalare infine: le attività di Job Shadowing di 15 giorni in tutte le organizzazioni partner del progetto – due sono i posti per i partecipanti italiani che avranno la possibilità di visitare il Sud Africa – e la Conferenza Finale in Vietnam, presso la città di Ho Chi MinH in Vietnam nel 2023.

GUSTO DI “VINO” – I giusti abbinamenti suggeriti dall’esperto.

di Letizia Passarello

Con l’arrivo della bella stagione sono sempre più ambite le cene in terrazza dove si la prediligono i prodotti freschissimi, acquistati a km 0, che tanto “ammaliano” gli ospiti. Si riscopre l’arte del ricevere, ma anche il piacere di stupire i propri commensali sia con particolari leccornie, sapientemente preparate, che con abbinamenti di eccellenza tra vini e i piatti succulenti. Per dare qualche consiglio sui principali abbinamenti abbiamo richiesto la consulenza di un esperto nel settore : Francesco Nucara con una carriera ventennale come bartender e  anche sommelier, avendo completato gli studi a pieni voti presso l’AIS (Associazione Italiana Sommelier).

Il sommelier Francesco Nucara
L’Associazione è seguita in tutto il mondo da chi predilige gli accoppiamenti più ricercati tra vino e cibo, non disdegnando anche gli insoliti. Qui ci siamo limitati alla produzione siciliana e qualche accostamento ci ha anche sorpreso.
“I criteri sono due – afferma Francesco Nucara – il primo per contrapposizione, l’altro per affinità”. Nel caso dei dolci, ad esempio, in particolare con i cannoli e la cassata è perfetto un vino dolce. Questi dolci si sposano benissimo con un passito, una Malvasia secca oppure un moscato, ma non è disdegnabile anche l’abbinamento con le bollicine: uno spumante è un accoppiamento superbo.  Il cioccolato con una percentuale di cacao superiore al 72-75 per cento o in modo stupendo all’80 per cento, richiede un buon distillato come il rum o un marsala vergine, cioè secco invecchiato almeno dieci anni. La denominazione di vergine viene data dall’aggiunta di solo alcol senza la mistella.
Altra irrinunciabile leccornia sono i salumi, di cui il territorio dei Nebrodi può andare giustamente fiero, ma qui il mondo è vario. Si guarda alla persistenza gustativa, alla speziatura e alla sapidità. Il lardo di suino nero, poichè ha molta succulenza richiama le bollicine di un brut o al massimo un demi sec o di un rosso strutturato, in quanto il tannino del vino, ha funzione di sgrassante del salume. Lo stesso si può dire di un salame classico. Il prosciutto crudo di suino nero, con grande persistenza gustativa, richiede un vino di altrettanta grande persistenza gusto -olfattiva. Sarebbe perfetto, ad esempio un Nero d’Avola o un Nero d’Avola e Frappato.

Andiamo al mondo dei formaggi che distinguiamo per stagionatura e qualità della pasta ( dura, semidura e molle). Tra quelli a pasta dura emerge il Canestrato, ma anche il Pecorino stagionato, in questo caso il tradizionale rosso, può lasciare il posto ad uno Chardonnay secco che può accompagnare anche i formaggi a pasta semidura, mentre un formaggio a pasta molle richiede un bianco di produzione di nicchia. Il Gorgonzola può essere abbinato tranquillamente al Marsala secco. Se il formaggio si serve come dessert, cioè con l’aggiunta di miele o con confetture ad esempio di more o pere butirre, o anche di agrumi, l’abbinamento perfetto diventa il Moscato o la Malvasia, perchè prevale il dolce in affinità. Ma per i fortunati che riescono a trovarlo, consigliamo come accompagnamento l’Idromele, chè è una bevanda alcolica realizzata attraverso la fermentazione del miele.
Con uno stufato è d’obbligo il rosso strutturato, in quanto, come già detto, la tannicità rende meno grassa la carne. Il sicilianissimo Farsumagru lo possiamo, invece, accoppiare con un Syrah non giovane, basta una invecchiatura di 3-4 anni. Altro sicilianissimo piatto è la pasta con sarde e finocchietto selvatico che quando è senza l’aggiunta di pomodoro nella sua ricetta originale, si sposa benissimo con un Grillo, bianco reale di un vitigno coltivato soprattutto nella provincia di Trapani.
La marchesa Costanza Afan de Rivera Florio Costaguti e il sommelier Francesco Nucara alla presentazione del cooktail “Donna Costanza”
Dulcis in fundo il sommelier Francesco Nucara è felice di mettere al corrente i nostri lettori della ricetta del coktail Florio che ha creato durante un evento nel trecentesco castello di San Giorgio a Castel di Tusa, per donna Costanza Afan de Rivera Costaguti Florio. Eccola: una parte di marsala Florio, una parte di bitter e chinotto fino al raggiungimento del bordo del bicchiere.

I dolci siciliani: il trionfo delle tavole pasquali

di Letizia Passarello

Ed eccoci a Pasqua.  In ogni casa siciliana, un tempo, dopo le doverose e sentite funzioni religiose della Settimana Santa, ci si ritrovava anche con i vicini per dedicarsi a quello che era un vero e proprio rituale, in cui venivano coinvolti tutti i membri della famiglia: cucinare gli immancabili  biscotti pasquali.

Come tutti i dolci, anche in questo campo, la Sicilia vanta una grande tradizione. Ogni provincia ha una sua specialità, ma una cosa è certa: i dolci pasquali siciliani, tra cuddure, campanari, cassate e cannoli, rendono la festività sicuramente degne di questo nome.

Ne citiamo alcuni che vengono realizzati in tutta l’Isola, per poi soffermarci su qualche ricetta tipica dei nostri monti Nebrodi.

Le Cuddure pasquali siciliane, meglio conosciute come cuddure cu l’ova, sono le regine dei biscotti di Pasqua.

Cuddure di Pasqua

Si tratta di simil biscotti dalle forme variegate ma rappresentanti, in sostanza, i simboli della Pasqua. La loro particolarità è che appartengono alla categoria dei dolci pasquali siciliani con l’uovo (così come i pupi cu l’ova) che vengono, infatti, ricavati con i lembi del loro impasto. Altri dolci molto simili ai precedenti sono i Campanari, si tratta anche in questo caso di biscotti friabili che vengono ritagliati a forma di cestino o campanaro, decorati con uova e una volta cotti ricoperti di glassa e codette di zucchero.

Un po’ meno conosciuti sono i biscotti quaresimali. Questi biscotti la cui ricetta e forma è simila a quella dei cantucci  toscani da cui si differenziano per avere avuto origine nei monateri di Palermo per opera delle monache di clausura.

biscotti quaresimali di Sicilia

Meno celebre della sorella maggiore ma più leggera e friabile ed un otimo dolce pasquale è la Cassata siciliana al forno. Rientra di diritto tra i dolci di Pasqua a Palermo, dove è particolarmente apprezzata. L’immancabile  ripieno di crema di ricotta è avvolta tra due strati di frolla, il tutto cotto al forno, evitando la guarnizione del giro di marzapane, che per quanto ottimo, può risultare per alcuni troppo dolce.

Cassata siciliana al forno

Una menzione a parte spetta all’ agnello pasquale in pasta di mandorle. Anche questo è un must, preparato sopratutto per la gioia dei più piccini in tutte le località siciliane.

pecorelle in pasta di mandorle

I dolci con la pasta di mandorle sono un classico della pasticceria siciliana. E di tale composto sono costituiti i tipici agnelli, che vengono generalmente regalati ai bambini insieme alle uova di Pasqua. Se vogliamo essere proprio pignoli, sono le pecorelle pasquali ad essere fatte con le mandorle, mentre gli agnelli, invece, recano un cuore di pasta di pistacchio di Bronte. La pasta di mandorle, viene usata tutto l’anno in Sicilia e in uno stato più puro, cioè con l’impasto privo di farina (pasta reale, il nome la dice lunga), si realizzano i capolavori mistrettesi, che vengono esposti in forme di frutti e fiori, decorati con colori vegetali o al naturale, pronti per essere mangiati. La denominazione di pasta reale viene ripresa, anche, per i dolci tipici di Tortorici, che si differenziano da quelli mistrettesi e di tutti i Nebrodi, per il loro impasto a base di nocciole, anzichè di mandorle e per la forma “soffiata”, molto leggera ed estremamente croccante.

pasta reale di Tortorici
pasta reale di Mistretta

Per finire è d’obbligo citare i pumpini di San Fratello, il cui nome deriva da pompa magna e sono dolci che si cucinano a Pasqua, ma anche in occasioni speciali, così come suggerisce il nome derivante dal gallo italico. La ricetta è molto simile a quella delle varate, ma prevede l’aggiunta di anice.

pompini di San Fratello

Ed ecco una classica ricetta delle Cuddure

In una ciotola capiente mischiare 500 gr di farina doppio zero con 200 gr di zucchero semolato e una bustina di lievito per dolci. Una volta che le polveri saranno ben mescolate fra di loro, aggiungete 5 uova, una alla volta, 150 gr di burro a temperatura ambiente e la scorza di limone grattugiata. Impastate il tutto e quando avrete ottenuto un composto morbido ma omogeneo, mettetelo su una teglia da forno foderata.A questo punto dovete modellare la cuddura.

Potete sbizzarrirvi e scegliere fra le forme più diverse fra loro, da classico coniglio pasquale a un cuore di pasta, dalla colomba a un cestino, oppure potete dargli una forma tonda, più semplice. Mettete un uovo crudo (che si cuocerà in forno) al centro e sigillatelo con una croce di pasta. Cuocete a 180°C per circa una mezzora. Se desiderate glassare il vostro dolce montate a neve un albume e incorporate 350 gr di zucchero a velo con il succo di limone a piacere, mescolando delicatamente. Sfornate la Cuddura e glassatela, infine decoratela con le codette colorate.

Galatravel -. Le cascate più alte di Sicilia a Mistretta

Continua il nostro viaggio alla scoperta delle meraviglie della Sicilia, In questo appuntamento Galatravel ci conduce alla scoperta della Valle delle Cascate di Mistretta in provincia di Messina

La Sicilia viene associata, nell’immaginario collettivo, ad un quadro di perenne siccità. In effetti sull’Isola spesso e volentieri l’ acqua scarseggia , ma la nostra terra è solcata da fiumi e torrenti che creano meraviglie nascoste, come questo gioiello sito nella provincia di Messina. Il paese più vicino è Mistretta (sito a poco più di 4 km.) e da qui, l’Associazione Valle delle Cascate vi condurrà verso una vallata, in parte inesplorata ed impervia, dove 10 sorelle scavalcano la roccia con salti d’acqua magnifici. In inverno non è facile avvicinarsi alle cascate, perchè la vallata viene inondata dalle abbondanti piogge, ma già in primavera lo spettacolo è assicurato. Bisogna essere accompagnati da Daniela Dainotti  e dai membri dell’ Associazione che dovrete necessariamente contattare, per scegliere il sentiero da attraversare per raggiungere le cascate, lontane tra loro. La più alta delle cascate, che si trova in contrada Pietrebianche, raggiunge oltre 33 metri mentre, nel raggio di meno di 500 metri dalla più grande, se ne trovano altre sei, ciascuna con una propria caratteristica conformazione, le cui altezze oscillano dai 5 ai 25 metri.  La maggior parte delle cascate si trova lungo due torrenti, che scorrono poco distanti l’uno dall’altro quasi paralleli, provenienti dalle vicine contrade Pietrebianche, Ciddia, Riscifu e Acquasanta.

Più a valle, dopo la confluenza dei due corsi d’acqua, altre due caratteristiche cascate di circa 7 metri ciascuna, una nella stessa contrada Ciddia e l’altra in contrada Cuttufa, sbucando da balze rocciose, formano alla base delle ampie vasche che un tempo lontano, quando raggiungere la marina era un lusso che pochi si potevano permettere, i ragazzi utilizzavano per i bagni estivi.  Stante che il territorio che ospita le cascate è distanze da strade transitabili e considerato che esse sono comunque nascoste alla vista da profondi canyon che le contengono, la loro esistenza era nota solo ai pochi pastori proprietari dei terreni circostanti che sempre le hanno osservate come dirupi dove, dopo le piogge e nevicate invernali e primaverili, l’acqua scroscia costantemente notte e giorno, balzando con clamore.

Non mancate questa scoperta: bastano scarponi da trekking, stivali di gomma ed un pò di fiato…………… perchè il fiato, poi, vi mancherà. Sono stupende!

per contatti: https://www.facebook.com/vallecascate/

Guarda anche:

Giuseppe Giaconia di Migaido e la “Stirpe di Draghi”

Un’ intervista inedita al barone icona dell’ automobilismo per parlarci della sua ultima opera editoriale

di Letizia Passarello

 “Stirpe di Draghi “, segue “Vita di un  Gattopardo. Con questo nuovo libro, il barone Giuseppe Giaconia Di Migaido, trasporta il lettore alla scoperta della storia di una generazione di indomabili guarrieri operanti nelle fredde terre del nord della Scozia.  Ma è un libro denso di calore, quel calore che il barone Giaconia mette nelle sue infinite passioni, tra cui l’automobilismo d’epoca che per moltissimi anni ha condiviso con la sua compagna, mancata il 15 Settembre del 2020, Costanza Afan De Rivera, discendente diretta della famiglia Florio, in quanto figlia di Giulia Florio e del marchese Afan De Rivera Costaguti. 

Presidente del Club “La Sicilia dei Florio” e dell’ARACI-Distretto 2110 fellowship del Rotary club di Palermo, il barone Giaconia è  stato anche fondatore e Presidente del Club “Bridge Team Palermo”.

Quello che giustamente viene definito uno degli ultimi gattopardi di Sicilia ha al suo attivo altri tre libri:  “Utopia Mediterranea”, “Vita di un Gattopardo” e “Dossier Atlantic”, prodotti tra il 2016 e il 2020, adesso arriva un’altra avvincente lettura “Stirpe di Draghi”.

Il romanzo, come già scritto, è ambientato in Scozia, nell’anno 822 . E’ il mese di Agosto, ma la brughiera, nebbiosa, umida, impervia, fa da sfondo alle scene di vita che si susseguono tra le pagine della storia. Protagonisti due fratelli, Erik e Alf, le cui gesta si intrecciano tra sangue e speranze e percorrono strade parallele ma divergenti, una a Boston, oltreoceano, l’altra in Scozia e Normandia.

Uomini rudi, discendenti anche selvaggi ma sorretti dall’intima convinzione della prevalenza indiscussa della propria genia. Donne belle, condottiere audaci che nei secoli partoriscono uomini d’affari, potenti padroni della loro terra.

” Dopo aver effettuato le opportune ricerche, ho costruito una trama che partendo dai Vichinghi giunge ai giorni nostri – ha affermato Giuseppe Giaconia – attraverso le vite di due fratelli e dei loro discendenti che con alterne vicende sono riusciti con intelligenza e determinazione ad imporsi in un mondo sempre più difficile e complesso”.

Attraverso il “viaggio”, infatti, Erik ed Alf , riescono a ritrovarsi in Sicilia nel dodicesimo secolo, con entrambe le loro famiglie al completo, ricordando il passato e festeggiando la vita. 

Giuseppe Giaconia e Costanza Afan De Rivera, già molto noti negli ambienti aristocratici palermitani, hanno lasciato una impronta indelebile anche nella Valle dell’Halaesa, ricordiamo che Migaido feudo della famiglia Giaconia, si trova in territorio di Pettineo, in quanto, entrambi proprio dai Nebrodi, hanno voluto far partire quello che è diventato un  appuntamento storico per il territorio: La Targa Migaido. L’appuntamento quest’anno è arrivato alla terza edizione. Dal 12 al 15 di Maggio, appartenenti alle scuderie del motorismo storico di tutta la regione Sicilia, si raduneranno a Buonfornello per, per una gara a cronometro dal sapore conviviale. Un itinerario costellato dalla visita di alcuni più rappresentativi centri delle Madonie per giungere nella Valle dell’Halaesa scrigno di tesori artistici e naturalistici. Il tutto condito da particolarissime specialità locali, dal limone seccagno di Pettineo, alla pasta reale mistrettese, alle nocciole di Motta d’Affermo, per concludere con i formaggi dei caseifici mistrettesi e la norcineria di eccellenza di Tusa.

vedi anche:

GALATRAVEL – GANGI, LO SPLENDORE DELLE MADONIE

In questo appuntamento vi portiamo a Gangi , un piccolo comune italiano con meno di 7.000 abitanti della provincia di Palermo. Un borgo suggestivo tra più belli d’Italia. Il centro storico di Gangi è abitato da appena 1.800 abitanti ed oggi si presenta come un centro pregno d’ arte, cultura, artigianato, buon cibo e buon vino.
Dentro le bellezze artistiche e monumentali di Gangi c’è il cuore dei gangitani, tra le sue strette viuzze, irte e medievali, si incontra gente sincera, fiera del proprio passato. La nostra visita iniza dal Palazzo Bongiorno, una dimora del 1700 che conserva al suo interno gli affreschi di Gaspare Fumagalli e Pietro Martorana, la dimora è ora adibita a uffici comunali,  mentre cuore nevralgico del centro medievale troviamo la Chiesa Madre dedicata a San Nicola di Bari.
A Gangi si conservano ancora gli antichi mestieri, ci sono diverse botteghe: il fabbro, il falegname e lo scalpellino per la lavorazione della pietra. Ma c’è anche il fascino della scrittura su pergamena e papiro e i restauratori degli affreschi dentro i monumenti storici.
Molte sono le manifestazioni che intrattengono tutto l’arco dell’anno i turisti qui a Gangi. La più importante di queste manifestazioni è la Sagra della Spiga, molto importante a Gangi dove la spiga rappresenta il collegamento fra l’uomo e Dio, il frutto delle proprie tradizioni.
Molti i prodotti genuini dell’agricoltura di Gangi che ne rappresentano ancora oggi la storia, la cultura e le tradizioni. Un’altra eccellenza di questo borgo è data dai prodotti realizzati con il latte e la provola delle Madonie, caratteristica di questa zona, ne è la prova.
Le origini storiche della città sono antichissime e si legano alla città greca di Engyoni. A fondarla intorno al 1200 a.C. sarebbero stati i Cretesi, dal nome di una sorgente. Dopo la sua distruzione , un nuovo insediamento prese il nome di Engio (dal latino Engium), in seguito Gangi. L’aria fine e il profumo di montagna portano tanti turisti a Gangi, che, più che un borgo, è una cittadina dalle origini mitiche. Il borgo medievale, che tramuta la roccia in arte e sembra sorgere direttamente dalla pietra, bisogna cercarlo proprio in cima, superando le pendici del monte. Ma ecco che, imboccata una stradina acciottolata, si apre davanti agli occhi una scenografia lapidea: un grosso gregge di case addossate le une alle altre, facciate dorate, addobbate di fiori, balconcini di ferro battuto, ricchi portali. Diciotto chiese, palazzi signorili, tesori artistici sono disseminati in queste stradine che s’inerpicano e s’intrecciano in un grandioso scenario naturale.


La tradizione gastronomica ci porta a parlare caciocavallo palermitano è un formaggio a pasta filata ottenuto dal latte crudo vaccino. Inoltre si produce dell’ottimo pecorino di primo, secondo sale ed anche stagionato con grani di pepe. Rinomata anche la salsiccia secca.- Il piatto di Quaresima è il baccalà fritto con contorno di finocchietto selvatico. Anche i dolci rispettano le tradizioni: a Natale la cucchia, pasta frolla con mandorle, uva passa e fichi secchi; in estate e autunno i mastacuttè, biscotti con succo di fichi d’India.
Appuntamento da non perdere è Festa dello Spirito Santo si tiene il lunedì dopo Pentecoste, una spettacolare processione religiosa, con 35 statue di legno portate a spalla.- A Natale, dal 26 al 29 dicembre si organizza ogni anno il presepe vivente denominato”Da Nazaret a Betlemme” ambientato e rappresentato tra i suggestivi vicoli del borgo.- Palazzo Mocciaro con i suoi saloni affrescati, dell’ottocento, si trova in Corso Umberto I.- Palazzo Bongiorno, del 1756, è uno dei migliori esempi di architettura settecentesca nelle Madonie. Vanta la magnifica decorazione a trompe l’oeil delle sale del piano nobile. Nel 1758 le sale del palazzo iniziarono a ospitare l’Accademia arcadica degli industriosi.- Palazzo Sgadari che ospita al pian terreno il Museo Archeologico, mentre al primo e secondo piano si trovano: l’Istituzione Gianbecchina, il Museo delle Armi e Museo della fotografia Albergamo.- Sul corso Fedele Vitale si affacciano le botteghe del XVI secolo, con i fornici che erano insieme a porta e finestra-banco di vendita. Quasi al termine del corso si trova la Chiesa di San Cataldo della prima metà del secolo XIV, che custodisce statue lignee del Quattrocchi e il dipinto di Giuseppe Salerno “Il supplizio dei quaranta martiri” (1618). Il Castello dei Ventimiglia, sorto nella prima metà del XIV secolo, spicca sull’abitato con i resti di due torri. Nella città bassa, la Chiesa del Salvatore conserva il crocefisso ligneo di Frà Umile da Petralia e l’Ascesa al Calvario di Giuseppe Salerno. La Chiesa di Santa Maria di Gesù (1710) ha un portale a bassorilievi del 1665 e varie sculture lignee di Filippo Quattrocchi all’interno, tra le quali il gruppo dell’Annunciazione, capolavoro di espressività.

MARMELLATE DI AGRUMI E FORMAGGI STAGIONATI PER LE VOSTRE RAFFINATE CENE TRA AMICI

di Letizia Passarello

Ogni stagione ha il frutto di cui ha bisogno. Niente di più vero. La natura maestra di vita, conosce benissimo le esigenze degli esseri umani e fa trovare a km 0 tutto quello di cui hanno bisogno. Gli agrumi, sono per eccellenza i frutti dell’inverno. Limoni, arance, mandarini e pompelmi riempiono le nostre casa da Dicembre a Marzo ed anche oltre. Tutti sappiamo che hanno un alto contenuto di vitamina C e combattono i malanni stagionali soprattutto quelli derivanti da raffreddamento. Ma le caratteristiche degli agrumi non si fermano qui. Andiamo a scoprirne insieme altre che potrebbero sorprendere, ma che fungono da coadiuvante per curare patologie anche importanti. Il limone, ad esempio, è ricco non solo di acido citrico, ma anche di vitamine del gruppo B, C e P e di vitamina A. Contiene zinco e potassio che servono a reintegrare i sali minerali persi durante la sudorazione e quindi molto adatti agli sportivi e migliora la funzionalità epatica. Il limone, inoltre, è anche anti coagulante e se assunto regolarmente previene e cura gli attacchi di gotta ed è un anti cancro. Ecco perché è raccomandato a chi segue una dieta ricca di proteine, soprattutto derivanti dalle carni rosse. Gli oli contenuti nella sua buccia, come in quella del pompelmo, hanno azione antidepressiva e fluidificante del sangue. Per chi è a dieta consigliamo di bere, appena svegli al mattino, un bicchiere di acqua tiepida con il succo di mezzo limone o pompelmo. Non solo si riattiva la funzionalità di tutti gli organi, ma è un ottimo drenante naturale con un alto contenuto di fibra, soprattutto di pectina che aiuta la regolarità intestinale. Il pompelmo poi è anche un brucia grassi per eccellenza. L’arancia ha proprietà antiossidanti, è un concentrato di vitamine non soltanto la C, ma anche del gruppo B e la polpa arancione o rossa, indica una forte presenza di carotenoidi utili alla vista. Le bucce dell’arancia sono un validissimo digestivo e l’olio un sedativo naturale. Quest’ultimo viene utilizzato anche in cosmesi perché rilassa la muscolatura.Gli ultimi studi sul mandarino, hanno poi evidenziato, che nella sua polpa si trova un enzima in grado di attaccare gli zuccheri nel sangue, cosa che lo rende molto indicato per i diabetici, perchè sembra abbassi notevolmente i livelli di glicemia in proporzioni anche superiori al gelso. Gli agrumi possono essere consumati in natura, ma anche sotto forma di ottimi succhi e marmellate.

Citrus jam in glass jar, selective focus

Le marmellate, soprattutto quelle confezionate artigianalmente, non alterano quasi per nulla le proprietà organolettiche degli agrumi e sono una valida alternativa al frutto da sbucciare o spremere. Da molto tempo il loro impiego in cucina è un must anche per gli chef stellati. Le confetture di limone esaltano il sapore piccante e deciso dei formaggi stagionati e molte volte vengono servite con taglieri di salumi, accompagnate da gocce di miele per la delizia dei palati raffinati. Se avete ospiti a cena e volete stupirli, provate con formaggi e salumi, marmellate e miele.  Con i dolci non ne potrete fare a meno. Ottimi per farcire crostate, le bucce profumano l’impasto della torta margherita e con la crema di limone seccagno, potrete anche farcire ogni tipo di dolci secchi per la gioia di grandi e piccoli.. Quindi il nostro consiglio è quello di fare una buona scorta di agrumi sotto ogni forma e goderveli finchè sono ancora reperibili. 

TUSA – ALLA SCOPERTA DELLA VALLE DELL’ HALAESA

https://www.youtube.com/watch?v=i1eesfKRVdo

Inizia da Tusa e Castel di Tusa il nostro viaggio alla scoperta della Valle dell’ Halaesa. Una produzione Torre del Gusto Channel in collaborazione con Galatravel Viaggi. Non un solito documentario ma un viaggio emozionale fatto di storia, arte ed aneddoti storici di grande fascino. Scaveremo nell’ anima più profonda di questi luoghi magici per narrarvi la bellezza misteriosa dei boghi storici, percorreremo l’ antica via del grano tra rupi rocciose e vallate lussureggianti, tra agrumi ed ulivi dalla millenaria storia fino ad arrivare nel cuore più profondo del latifondo. Lo farevo avvalendoci della collaborazione eccezionale dell’ Arch. Antonietta Filangeri del Pino e dei tanti ospiti che incontreremo nel nostro viaggio. A prestissimo!!!

GALATRAVEL – SCOPRIAMO MISTRETTA

Incastonata tra le rocce e posta sopra un monte che domina la grande Serravalle, sorge Mistretta, candidata quest’anno al borgo più bello di Sicilia, edizione 2022. Nulla da togliere a tutti gli altri borghi di Sicilia

La cittadina, detta anche la “Sella dei Nebrodi” per la particolare conformazione, si trova a metà strada tra Palermo e Messina e la statale 117 collega in 15 minuti Mistretta al mare (15 chilometri circa) creando un suggestivo binomio montagna-mare. Il panorama che si può ammirare dalle parti più alte del paese, infatti, è spettacolare: dai boscosi monti si scende con lo sguardo fino al mare, con sullo sfondo le Isole Eolie. Se a questo si aggiunge che durante l’inverno il paese è ricoperto di neve, lo scenario cui si può assistere è davvero incantevole. Una storia di fasti e grandezze quella di Mistretta, cittadina d’ arte e cultura posta sul un colle elevato che domina l’antica marca di Serravalle, Mistretta conserva nelle sue vie, i suoi palazzi e le sue chiese le testimonianze di secoli gloriosi.

Sul punto più alto della città si trovano i resti del Castello, edificato dai bizantini e ristrutturato e ampliato prima dagli arabi e poi dai normanni. Nei secoli successivi l’edificio subì diversi crolli che lo hanno portato allo stato di degrado.

Molti affermano che sia stata fondata dai Fenici, ma la tradizione fa risalire le sue origini ai Sicani, lasciando prove inconfondibili dei loro stanziamenti nelle costruzioni in pietra e negli oggetti di ceramica, molto simili a reperti di civiltà sicana ritrovati nell’asia Minore.
Gli Arabi costruirono il nucleo originario della Fortezza i cui ruderi dominano tuttora la cittadina; in seguito i Normanni l’ampliarono e l’abbellirono. Nel 1282 i suoi cittadini parteciparono all’epopea dei “Vespri Siciliani” ed i Re Aragonesi la inserirono tra le città demaniali con il titolo di “Imperialis”; Mistretta ebbe così un posto nel Parlamento del Regno. Da quel momento la città subì la stessa sorte del resto della Sicilia, dominata dai Re di Castiglia e d’Austria, dai Borboni e dai Piemontesi, sottomessa a feudatari senza scrupoli, da cui riuscì a riscattarsi con enormi sacrifici.
I Privilegi del Re Alfonso, nel 1447, crearono le condizioni affinché, nel XVI secolo, la città si arricchisse di numerosi monumenti religiosi fra i quali l’importante Chiesa Madre dove gli scalpellini amastratini lasciarono il segno della loro originale arte che non sfigura nemmeno accanto alle finissime opere dei Gagini che pure vi lavorarono.
Nel 700 si ebbe un lungo periodo di benessere, dovuto all’esportazione di prodotti agricolo – caseari e allo sfruttamento dei boschi comunali. Pertanto Mistretta divenne una base commerciale e si arricchì di empori, fattorie, magazzini ed uffici che mantenevano una efficiente organizzazione di scambi. La ricca borghesia amastratina, orgogliosa delle proprie ricchezze, costruì i propri palazzi con gusto sobrio ma severo.
La presenza, a Mistretta, alla fine del 1800, dell’architetto Basile, incaricato della progettazione del cimitero, influenzò il nuovo assetto urbanistico, con la costruzione di fontane, larghi, piazze, pubblici passeggi e l’abbellimento della Villa Garibaldi. Intanto le numerose Chiese si arricchivano delle opere dello scultore amastratino Noè Marullo in un periodo in cui Mistretta raggiunse l’apice del suo splendore economico, artigianale ed artistico.

Il Castello, già conosciuto in epoca romana (Polibio lo definisce “vetustissimo”), poi arabo, poi normanno e quindi aragonese, recentemente restaurato.
Le prime notizie sulla fortezza si hanno da un privilegio del 1101 con il quale il conte Ruggero dona al Demanio Regio e infeuda a se stesso Mistretta con il suo castello. Questo fu teatro di grandi avvenimenti per circa 300 anni, infatti lì si rifugiò Matteo Bonello durante la rivolta contro Guglielmo Re dei Normanni, vi si stabilì Federico D’Antiochia durante la rivolta contro Re Pietro D’Aragona nel 1337. Nel 1360 vi si trattenne Re Federico D’Aragona prima del matrimonio con Costanza. Altre notizie si riferiscono al 1474, quando era castellano regio Sigismondo De Luna, che aveva il compito della riscossione delle gabelle e che lasciò nell’incuria il castello. Nel 1520 il castello era già in rovina e ridotto a carcere. Il personale era costituito da due sole persone, il castellano e il portiere. Nel 1608, il castello era completamente in rovina. Nel 1633 i mistrettesi distrussero quanto rimaneva del castello simbolo delle angherie del potere regio. Nel 1686 una grande frana, che interessò tutta la vallata, distrusse il versante nord-est della rocca del castello che cambiò per sempre la sua morfologia. Dall’epoca della sua distruzione, i ruderi del castello e le rocce vicine vennero usati come cava di pietra per la costruzione delle case dei mistrettesi. Nel 1863 il Sindaco proibì con una ordinanza di “ fare pietra al castello “.
Di tale complesso oggi rimangono i ruderi delle mura perimetrali, e sul lato nord si configura ancora uno degli ingressi. Inoltre sono riconoscibili i ruderi delle mura di cinta nonché di strutture sussidiarie.
Con gli scavi archeologi effettuati nell’area sottostante i ruderi, negli anni ’80, sono stati rinvenuti le fondamenta di una piccola chiesa triabsidata, di probabile epoca normanna impiantata in uno strato di materiale bizantino.

Il centro storico – Mistretta è uno dei centri dei Nebrodi più ricchi di storia e di cultura, una piccola perla d’arte incastonata sul massiccio dei Nebrodi, verde dei suoi boschi.
Dall’alto del suo antico castello, l’occhio spazia verso il Tirreno e le Eolie, l’Etna innevato ed il lussureggiante verde di boschi circostanti.
Il suo centro storico è tra i più estesi e meglio conservati della Sicilia
Ancora oggi è possibile chiaramente distinguere le diverse fasi ed influenze nello sviluppo del centro edificato.
Il nucleo più antico è localizzabile nelle adiacenze della Chiesa di S. Caterina di Amestrata (XIII secolo) a sua volta fondata su un ninfeo romano (i reperti storici risalgono al IV secolo AC)
Certa la presenza di una importante comunità bizantina e musulmana.
La conquista normanna dell’XI secolo favorì la nascita di un nuovo borgo dei latini (che si struttura a cerchi concentrici attorno e fino alle falde del castello, in un’area in cui insistono antiche necropoli) rispetto a primitivo dei greci che divenne ormai periferico.
Una possente cinta muraria con torri ed almeno quattro porte ortogonali (porta Palermo, porta Messina, porta della Piazza –poi del “Muru ruttu”- e Pusterla, di cui ancora in situ solo la prima) difendeva l’ingresso e l’uscita della città,
I) due agglomerati (quello greco e quello latino) si espandono come macchie d’olio.
La Chiesa Madre di S. Lucia (esistente già dal 1169) posta sul pianoro a ridosso delle mura assumerà posizione sempre più centrale e di mediazione tra le due comunità, simbolicamente rappresentate con la giustapposizione nel transetto di una immagine della Madonna dell’Itria greca (1640-1654) e di una Loreto latina (1495)
Un terzo nucleo da non trascurare è quello costituito dal quartiere ebraico inizialmente isolato ed equidistante dagli altri due, a ridosso del torrente e sovrastato dal giardino dei cappuccini e da un orto di Palme.
Dopo l‘editto di espulsione (1492) e la conseguente forzata conversione dei membri della comunità, la sinagoga fu trasformata nella chiesa di S. Giovanni Battista ed il ghetto viene posto sotto lo stretto controllo dei Domenicani di S. Maria dell’Alto o del Rosario e dei Frati minori riformati di S. Maria del Gesù.
Il XVIII secolo ed il successivo vedono completarsi, con un progetto urbanistico sistematico, il processo di unificazione e di arredo del centro, secondo i canoni dell’ornato e del decoro da personaggi del calibro di Giovan Battista Basile, Silvestre Marciante e Noè Marullo.

Palazzi

Palazzo Vincenzo Salamone, Costruito negli ultimi decenni del XIX° secolo lungo l’asse viario che nel secolo successivo divenne il Corso principale, è stata dimora di una delle famiglie economicamente più agiate del luogo. Vincenzo Salamone, uno dei suoi primi “inquilini”, nel primo decennio del XX° secolo divenne senatore del regno d’Italia

Palazzo Tita, Sito nel Quartiere della SS. Trinità, di fronte alla chiesa omonima (chiamata anche chiesa di San Vincenzo), il Palazzo Tita fu ricostruito nel 1885 con la facciata in stile bugnato. I balconi sono decorati con putti scolpiti da Noè Marullo. Il portale principale è in forma di arco sulla cui chiave di volta è scolpita la Medusa, mentre l’estradosso è arricchito da bassorilievi di mostri marini. È uno dei più bei palazzi di Mistretta e prende il nome da una delle antiche famiglie signorili di Mistretta.

Palazzo Salamone-Giaconia. Il Palazzo Salamone-Giaconia, esistente già nel Seicento e ristrutturato nel 1865, è caratterizzato da sculture e bassorilievi in mensole, chiavi di volta e lo stemma della famiglia nel portale. Si affaccia sulla Piazza Concordia, totalmente in muratura, con un’alta scala in monoblocchi di pietra arenaria

Palazzo Passarello:Il Palazzo Passarello, situato sulla via principale, è stato edificato nel 1865 dalla famiglia Passarello Giaconia, con un pregevole portale neoclassico.[11]

Palazzo Scaduto è uno dei più antichi d Mistretta. Venne edificato nel 1660, in stile barocco, il cui portale principale è arricchito da due maestose sculture laterali e da bassorilievi; all’interno il palazzo conserva tra le più rilevanti “scale alla trapanese” di Sicilia.

Costruito dal Barone Pietro Scaduto, Giurato della Città, diventò di proprietà dei Baroni Bosco, alla fine del Settecento, in via ereditaria. Nel 1816, il Barone Biagio Lipari costruisce un corpo di casa fra il vicolo Cuscè e la via Catania, a fianco del Palazzo Bosco. Il Barone Antonino, figlio di Biagio, acquista dai Bosco il palazzo e l’area circostante e inoltre diventa proprietario della casa beneficiale Cuscè, attigua al palazzo. Nel 1826, amplia il palazzo inglobandovi la casa costruita dal padre e la casa Cuscè costituendo un nuovo corpo, in via Cairoli.

Lo stemma della famiglia Lipari, il leone rampante ai piedi di un albero, è scolpito nella chiave di volta della porta d’ingresso della via Cairoli. Il palazzo viene ereditato dal nipote Giuseppe, che nel 1891 lo ristruttura in occasione del matrimonio della figlia con il Barone Giaconia.Palazzo Russo

Il Palazzo Russo è un esempio di architettura del Settecento, con portale ad arco a tutto sesto in pietra arenaria con alla sommità l’aquila rampante dello stemma nobiliare. All’interno vi è una loggia che risale sicuramente ad un’epoca precedente. Il palazzo fu ultimato nel 1775 come testimonia la data incisa su una pietra sottostante il tetto. L’edificio fu costruito dal Barone Armao e acquistato dal Cavalier Giovanni Russo in occasione del suo matrimonio con Remigia Catania, circa un secolo dopo.

Fontane

Fontana San Vincenzo :Adiacente alla chiesa di San Vincenzo nello spiazzale denominato “Largo Progresso”, nel 1875 fu costruita una fontana in pietra, dal mastro scalpellino Vincenzo Arcieri, il quale appaltò i lavori di costruzione dell’acquedotto. Dalla fontana non sgorga più acqua, ma è possibile ammirare il mirabile lavoro realizzato dall’artigiano mistrettese

Fontana Palo: La città di Mistretta essendo in montagna è ricca di acqua che sgorga in molte fontane e confluisce nell’acquedotto comunale. Nel quartiere “Palo” chiamato così perché nel “Largo Buonconsiglio” durante il Seicento venivano “messi al palo”, cioè impiccati i dissidenti, vi è una maestosa fontana.

Questa fontana venne costruita nel 1860 dai maestri scalpellini locali e dai fratelli Pellegrino. Oggi si alimenta tramite l’acquedotto comunale, ma in passato era e collegata attraverso un sistema idraulico alle sorgenti dette “Virdicanne”.

Fontana del Santissimo Rosario: Vicino alla chiesa del Santissimo Rosario, definita e pavimentata tra il 1868 e il 1870 in seguito ad un riassetto urbanistico della città, vi era una fontana in pietra, eseguita dagli scalpellini Giaimo e Cannata riutilizzando pezzi provenienti dalla “Fontana del Fruscio”, prima sita nella P.zza Vittorio Veneto.

La fontana negli anni sessanta fu spostata di qualche centinaio di metri per facilitare il percorso delle macchine che diventavano sempre più numerose.

Villa Garibaldi – Nel 1873, il terreno antistante al monastero dei Padri Cappuccini trasformato in carcere, divenne di proprietà del comune che ne delimitò il perimetro con mura di cinta in pietra ed inferriate in ferro battuto. La Villa Fu dedicata a Garibaldi collocato un busto marmoreo raffigurante la sua immagine, scolpito dall’artista mistrettese Noè Marullo.

La “Villa Garibaldi” s’ispira allo stile italiano che deriva dal modello del giardino medievale, circondato da alte siepi di disegno geometrico. Il comune acquistò a Palermo numerose piante, anche rare e particolari, che andarono ad affiancare quelle già presenti sul posto e curate dai frati. Vi sono anche alberi secolari che imponenti spiccano in questa oasi di verde nel cuore della cittadina.

Cimitero monumentale

Costruito nel 1889 su progetto dell’architetto Giovan Battista Basile, il Cimitero monumentale si fregia di numerose cappelle e monumenti funebri di pregevole valore. Si segnalano, tra le altre, le cappelle Sergio, Mastrogiovanni Tasca, Salamone, Panebianco e Giaconia.

Luoghi d’interesse naturalistico

Urio Quattrocchi

Posto a quota 1.030 metri sul livello del mare, in zona “B” all’interno del parco dei Nebrodi. Si tratta di un laghetto che ricade nel territorio di Mistretta, alle pendici del monte Castelli. Si trova in una posizione strategica, in quanto collocato all’inizio della dorsale dei monti Nebrodi, in un percorso di circa 70 chilometri che unisce il territorio di Mistretta con quello di Floresta.

Il laghetto è circondato da distese di boschi di faggio (Fagus sylvatica). Nelle zone limitrofe, dalla primavera sino al tardo autunno, si rivestono di colori lussureggianti e di diverse essenze. Alla tipica vegetazione xerofila si aggiungono specie appartenenti alle graminacee, leguminose e alle composite, tra cui l’endemico cardo di Valdemone.

Piccoli mammiferi, donnole, martore e volpi predano occasionalmente nei dintorni del laghetto. L’avifauna nebroidea è una delle più ricche di Sicilia. Tra le specie più curiose annoveriamo cicogne bianche e nere e cormorani, attirati dall’abbondante presenza di pesce. Morette, fischioni, marzaiole e codoni fanno da cornice al paesaggio del lago.

Cascate di Ciddia

Queste cascate, ben nove, sono maggiormente visibili nel mese di Marzo, quando lo scioglimento della neve ne alimenta il corso. La più alta, la Pietrebianche, di ben 35 metri, è la maggiore, insieme con la Cascata Occhialino di Caronia, presente sui Nebrodi. Le cascate di Ponte Ciddhia e Cuttufa scorrono anche in estate.

Società

Attraverso le riprese di Alessandro Savarese, la Torre del Gusto costruisce un filo logico per cogliere i tratti più caratteristici di una città che nel corso dei secoli per economia , arte e cultura ha primeggiato su un intero comprensorio. La ricerca attraverso l’ ausilio di esperti e testimoni appasionati dell’ essenza più profonda di un paese attraverso le tradizioni sacre e profane. La preziosa testimonianza degli ultimi eredi dell’ illustre tradizione scultorea e decorativa ed uno sguardo particolare all’ arte dolciaria con la presentazione artistica della delicatissima “pasta reale” unica nel processo di lavorazione e presentazione. Buona visione!

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GALATRAVEL – DA CEFALU’ AL SANTUARIO DI GIBILMANNA

DI PLACIDO SALAMONE & CALOGERO GALATI

Cefalù all’occhio del visitatore si presenta indubbiamente come un delizioso borgo bagnato da acque azzurre e sovrastato da una rocca: una perla della Sicilia. Facile da raggiungere e da amare perdutamente.

Il molo vecchio

Grazie alle telecamere di Galatravel vi portiamo in giro per l’ antico quartire normanno e nel borgo di pescatori fino al molo vecchio dove lo scenario è ideale per passeggiate romantiche per poi proseguire verso una delle principali attrazioni di Cefalù, cioè il Duomo, noto anche come Basilica Cattedrale della Trasfigurazione: si tratta di un vero gioiello di architettura arabo-normanna, che non teme paragoni con altri famosi edifici come la Cappella Palatina e il Duomo di Monreale. È una basilica a pianta a croce latina con tre navate, impreziosita da granito rosa ed elementi arabeggianti. All’esterno le due imponenti torri gemelle svettano nel cielo blu di Cefalù, mentre all’interno la figura del Cristo Pantocratore è l’elemento di spicco di un elaborato complesso di mosaici bizantini. La piazza del duomo è uno dei centri nevralgici della vita cittadina, affollata durante i mesi estivi di turisti ansiosi di poter fotografare la cattedrale dalla migliore angolazione e altri che si concedono un caffè in uno dei numerosi bar della piazza.

Non potete poi perdere la visita al Lavatoio Medievale, sul Fiume Cefalino, un corso d’acqua creato secondo la leggenda dalle lacrime di una ninfa, pentita di aver ucciso l’amante che l’aveva tradita.

Sono questi alcuni dei simboli attrattivi di questa rinomata località turistica, altri ne scopriremo in seguito.

Chiostro della Cattedrale di Cefalù

Proseguendo il nostro viaggio giungiamo al Santuario Di Gibilmanna nell’omonima frazione e il Bastione di Capo Marchiafava, un baluardo di forma poligonale con la punta proiettata verso il mare risalente al XVII secolo che potete ammirare nel borgo storico.

Dedicato alla SS. Vergine, Patrona della Diocesi cefaludese, il Santuario di Gibilmanna ha una data di fondazione  incerta; secondo una tradizione orale, non supportata da documenti scritti, Gibilmanna sarebbe uno dei sei monasteri fatti costruire in Sicilia da san Gregorio Magno (540-604) su territori in possesso della madre santa Silvia, prima di essere elevato alla cattedra di Pietro.
Con la conquista della Sicilia da parte dei Saraceni nel 878 anche il monastero benedettino di Gibilmanna fu abbandonato e distrutto, anche se la chiesa, custodita dalla popolazione dei dintorni e in seguito da eremiti, continuò ad essere luogo di pellegrinaggio e di preghiera.
Quando nella seconda metà del XI sec. i Saraceni furono definitivamente cacciati dalla Sicilia da Ruggero I, il Normanno, venne avviata una vasta restaurazione di chiese e monasteri. Nel 1145 Ruggero II ripristinò la sede vescovile di Cefalù e nel 1228 Arduino II, vescovo di Cefalù, istituì il priorato di Gibilmanna; i “Priori”si succedettero fino al 1535, anno in cui la chiesa fu ceduta al nascente Ordine dei Cappuccini. https://www.youtube.com/embed/eFcmucSi_iA?feature=oembed


Sulle rovine dell’antico monastero benedettino, i Cappuccini costruirono il primo nucleo di celle del loro convento; i lavori per la costruzione della nuova chiesa ebbero inizio nel 1619 e si potrassero per 5 anni. L’anno successivo, nel 1625, venne completata la cappella dedicata alla Madonna che nel 1785 venne arricchita dall’altare di stile barocco del palermitano Baldassarre Pampillonia, commissionato inizialmente per la cattedrale di Palermo (1684), su cui oggi è riposta la statua della Madonna del Gagini.
Nel 1907 il vecchio portico della chiesa fu sostituito da uno più ampio,  in stile gotico, liberamente ispirato al Duomo di Cefalù; secondo l’eclettismo tipico del tempo,fu alzato su un doppio ordine di loggiati con due campanili a guglie piramidali. Il sagrato venne modificato nel 1927 su progetto e disegno dell’architetto Misuraca. Durante questi lavori fu innalzato il monumento di S.Francesco,opera dello scultore palermitano Francesco Garufi,in occasione del VII centenario della sua morte.
All’interno la chiesa,semplice e raccolta,presenta un originale impianto a croce latina capovolta per l’innesto lungo le navate delle due cappelle,della Madonna a destra e del Sacro Cuore a sinistra. Sull’altare maggiore un dipinto dell’Assunta, di autore ignoto, a sinistra dell’altare l’Ecce Homo dipinto da P. Sebastiano da Gratteri, utilizzando succhi d’erbe e fiori su ispirazione di una visione che egli ebbe durante la celebrazione della divina Eucaristia nel 1576, in un Venerdì di Quaresima, durante una delle sue frequenti estasi. Alle pareti delle navate dipinti devozionali raffiguranti S. Bonaventura, S. Michele,S. Francesco e Santi cappuccini.

Nella cappella della Madonna le opere più interessanti sono: l’affresco della Madonna con Bambino, probabilmente del sec. XIII, che fu trasferito nella della Madonna segando il muro della vecchia chiesetta Benedettina ed incastrandolo nella nuova parete; un antico Crocifisso in legno, manifattura siciliana risalente al XIV sec.; la statua raffigurante Maria SS.Regina del Paradiso, realizzata da Antonio Gagini, o dalla sua scuola.

Santuario di Gibilmanna


Santo del Santuario:  Maria Santissima di Gibilmanna

Da vedere:   La Biblioteca, dedicata a ‘Fr. Gesualdo da Bronte”, custodisce manoscritti rari e preziosi risalenti che vanno dal XVI secolo al Novecento.

Il Museo della provincia cappuccina di Messina, dedicato a Fra Giammaria da Tusa (1584) espone una cospicua campionatura di dipinti, sculture, argenti, paramenti, arredi sacri di vario genere che provengono da diverse sedi conventuali testimoniando i vari aspetti di una cultura che comprende il rigore prescritto dalla spiritualità francescana ed episodiche aperture ad un più ricco e “mondano” senso decorativo.

Festività significative:  8 settembre, festa di Maria Santissima di Gibilmanna

Curiosità:  La sentitissima devozione alla Madonna di Gibilmanna indusse il vescovo di Cefalù Don Gioacchino Castelli  a incoronare solennemente  la Vergine e il Bambino Gesù con le corone pervenute dal Vaticano il 15 agosto 1760. La partecipazione del popolo alla celebrazione fu grande e si narra che un muto e un cieco riacquistarono rispettivamente la parola e la vista.
Durante l’anno mariano 1954 la Vergine SS. di Gibilmanna fu portata in tutte le parrocchie della Diocesi. La dimostrazione di devozione da parte del popolo verso la Vergine SS. Fu tale sa suscitare il desiderio che Maria di Gibilmanna fosse proclamata Patrona principale della Diocesi di Cefalù.; con decreto del 3 dicembre del 1954 Maria di Gibilmanna venne eletta e dichiarata Celeste Patrona presso Dio di tutta la Diocesi di Cefalù, e principale Protettrice della città di Cefalù