Incastonata tra le rocce e posta sopra un monte che domina la grande Serravalle, sorge Mistretta, candidata quest’anno al borgo più bello di Sicilia, edizione 2022. Nulla da togliere a tutti gli altri borghi di Sicilia
La cittadina, detta anche la “Sella dei Nebrodi” per la particolare conformazione, si trova a metà strada tra Palermo e Messina e la statale 117 collega in 15 minuti Mistretta al mare (15 chilometri circa) creando un suggestivo binomio montagna-mare. Il panorama che si può ammirare dalle parti più alte del paese, infatti, è spettacolare: dai boscosi monti si scende con lo sguardo fino al mare, con sullo sfondo le Isole Eolie. Se a questo si aggiunge che durante l’inverno il paese è ricoperto di neve, lo scenario cui si può assistere è davvero incantevole. Una storia di fasti e grandezze quella di Mistretta, cittadina d’ arte e cultura posta sul un colle elevato che domina l’antica marca di Serravalle, Mistretta conserva nelle sue vie, i suoi palazzi e le sue chiese le testimonianze di secoli gloriosi.
Sul punto più alto della città si trovano i resti del Castello, edificato dai bizantini e ristrutturato e ampliato prima dagli arabi e poi dai normanni. Nei secoli successivi l’edificio subì diversi crolli che lo hanno portato allo stato di degrado.
Molti affermano che sia stata fondata dai Fenici, ma la tradizione fa risalire le sue origini ai Sicani, lasciando prove inconfondibili dei loro stanziamenti nelle costruzioni in pietra e negli oggetti di ceramica, molto simili a reperti di civiltà sicana ritrovati nell’asia Minore.
Gli Arabi costruirono il nucleo originario della Fortezza i cui ruderi dominano tuttora la cittadina; in seguito i Normanni l’ampliarono e l’abbellirono. Nel 1282 i suoi cittadini parteciparono all’epopea dei “Vespri Siciliani” ed i Re Aragonesi la inserirono tra le città demaniali con il titolo di “Imperialis”; Mistretta ebbe così un posto nel Parlamento del Regno. Da quel momento la città subì la stessa sorte del resto della Sicilia, dominata dai Re di Castiglia e d’Austria, dai Borboni e dai Piemontesi, sottomessa a feudatari senza scrupoli, da cui riuscì a riscattarsi con enormi sacrifici.
I Privilegi del Re Alfonso, nel 1447, crearono le condizioni affinché, nel XVI secolo, la città si arricchisse di numerosi monumenti religiosi fra i quali l’importante Chiesa Madre dove gli scalpellini amastratini lasciarono il segno della loro originale arte che non sfigura nemmeno accanto alle finissime opere dei Gagini che pure vi lavorarono.
Nel 700 si ebbe un lungo periodo di benessere, dovuto all’esportazione di prodotti agricolo – caseari e allo sfruttamento dei boschi comunali. Pertanto Mistretta divenne una base commerciale e si arricchì di empori, fattorie, magazzini ed uffici che mantenevano una efficiente organizzazione di scambi. La ricca borghesia amastratina, orgogliosa delle proprie ricchezze, costruì i propri palazzi con gusto sobrio ma severo.
La presenza, a Mistretta, alla fine del 1800, dell’architetto Basile, incaricato della progettazione del cimitero, influenzò il nuovo assetto urbanistico, con la costruzione di fontane, larghi, piazze, pubblici passeggi e l’abbellimento della Villa Garibaldi. Intanto le numerose Chiese si arricchivano delle opere dello scultore amastratino Noè Marullo in un periodo in cui Mistretta raggiunse l’apice del suo splendore economico, artigianale ed artistico.
Il Castello, già conosciuto in epoca romana (Polibio lo definisce “vetustissimo”), poi arabo, poi normanno e quindi aragonese, recentemente restaurato.
Le prime notizie sulla fortezza si hanno da un privilegio del 1101 con il quale il conte Ruggero dona al Demanio Regio e infeuda a se stesso Mistretta con il suo castello. Questo fu teatro di grandi avvenimenti per circa 300 anni, infatti lì si rifugiò Matteo Bonello durante la rivolta contro Guglielmo Re dei Normanni, vi si stabilì Federico D’Antiochia durante la rivolta contro Re Pietro D’Aragona nel 1337. Nel 1360 vi si trattenne Re Federico D’Aragona prima del matrimonio con Costanza. Altre notizie si riferiscono al 1474, quando era castellano regio Sigismondo De Luna, che aveva il compito della riscossione delle gabelle e che lasciò nell’incuria il castello. Nel 1520 il castello era già in rovina e ridotto a carcere. Il personale era costituito da due sole persone, il castellano e il portiere. Nel 1608, il castello era completamente in rovina. Nel 1633 i mistrettesi distrussero quanto rimaneva del castello simbolo delle angherie del potere regio. Nel 1686 una grande frana, che interessò tutta la vallata, distrusse il versante nord-est della rocca del castello che cambiò per sempre la sua morfologia. Dall’epoca della sua distruzione, i ruderi del castello e le rocce vicine vennero usati come cava di pietra per la costruzione delle case dei mistrettesi. Nel 1863 il Sindaco proibì con una ordinanza di “ fare pietra al castello “.
Di tale complesso oggi rimangono i ruderi delle mura perimetrali, e sul lato nord si configura ancora uno degli ingressi. Inoltre sono riconoscibili i ruderi delle mura di cinta nonché di strutture sussidiarie.
Con gli scavi archeologi effettuati nell’area sottostante i ruderi, negli anni ’80, sono stati rinvenuti le fondamenta di una piccola chiesa triabsidata, di probabile epoca normanna impiantata in uno strato di materiale bizantino.
Il centro storico – Mistretta è uno dei centri dei Nebrodi più ricchi di storia e di cultura, una piccola perla d’arte incastonata sul massiccio dei Nebrodi, verde dei suoi boschi.
Dall’alto del suo antico castello, l’occhio spazia verso il Tirreno e le Eolie, l’Etna innevato ed il lussureggiante verde di boschi circostanti.
Il suo centro storico è tra i più estesi e meglio conservati della Sicilia
Ancora oggi è possibile chiaramente distinguere le diverse fasi ed influenze nello sviluppo del centro edificato.
Il nucleo più antico è localizzabile nelle adiacenze della Chiesa di S. Caterina di Amestrata (XIII secolo) a sua volta fondata su un ninfeo romano (i reperti storici risalgono al IV secolo AC)
Certa la presenza di una importante comunità bizantina e musulmana.
La conquista normanna dell’XI secolo favorì la nascita di un nuovo borgo dei latini (che si struttura a cerchi concentrici attorno e fino alle falde del castello, in un’area in cui insistono antiche necropoli) rispetto a primitivo dei greci che divenne ormai periferico.
Una possente cinta muraria con torri ed almeno quattro porte ortogonali (porta Palermo, porta Messina, porta della Piazza –poi del “Muru ruttu”- e Pusterla, di cui ancora in situ solo la prima) difendeva l’ingresso e l’uscita della città,
I) due agglomerati (quello greco e quello latino) si espandono come macchie d’olio.
La Chiesa Madre di S. Lucia (esistente già dal 1169) posta sul pianoro a ridosso delle mura assumerà posizione sempre più centrale e di mediazione tra le due comunità, simbolicamente rappresentate con la giustapposizione nel transetto di una immagine della Madonna dell’Itria greca (1640-1654) e di una Loreto latina (1495)
Un terzo nucleo da non trascurare è quello costituito dal quartiere ebraico inizialmente isolato ed equidistante dagli altri due, a ridosso del torrente e sovrastato dal giardino dei cappuccini e da un orto di Palme.
Dopo l‘editto di espulsione (1492) e la conseguente forzata conversione dei membri della comunità, la sinagoga fu trasformata nella chiesa di S. Giovanni Battista ed il ghetto viene posto sotto lo stretto controllo dei Domenicani di S. Maria dell’Alto o del Rosario e dei Frati minori riformati di S. Maria del Gesù.
Il XVIII secolo ed il successivo vedono completarsi, con un progetto urbanistico sistematico, il processo di unificazione e di arredo del centro, secondo i canoni dell’ornato e del decoro da personaggi del calibro di Giovan Battista Basile, Silvestre Marciante e Noè Marullo.
Palazzi
Palazzo Vincenzo Salamone, Costruito negli ultimi decenni del XIX° secolo lungo l’asse viario che nel secolo successivo divenne il Corso principale, è stata dimora di una delle famiglie economicamente più agiate del luogo. Vincenzo Salamone, uno dei suoi primi “inquilini”, nel primo decennio del XX° secolo divenne senatore del regno d’Italia
Palazzo Tita, Sito nel Quartiere della SS. Trinità, di fronte alla chiesa omonima (chiamata anche chiesa di San Vincenzo), il Palazzo Tita fu ricostruito nel 1885 con la facciata in stile bugnato. I balconi sono decorati con putti scolpiti da Noè Marullo. Il portale principale è in forma di arco sulla cui chiave di volta è scolpita la Medusa, mentre l’estradosso è arricchito da bassorilievi di mostri marini. È uno dei più bei palazzi di Mistretta e prende il nome da una delle antiche famiglie signorili di Mistretta.
Palazzo Salamone-Giaconia. Il Palazzo Salamone-Giaconia, esistente già nel Seicento e ristrutturato nel 1865, è caratterizzato da sculture e bassorilievi in mensole, chiavi di volta e lo stemma della famiglia nel portale. Si affaccia sulla Piazza Concordia, totalmente in muratura, con un’alta scala in monoblocchi di pietra arenaria
Palazzo Passarello:Il Palazzo Passarello, situato sulla via principale, è stato edificato nel 1865 dalla famiglia Passarello Giaconia, con un pregevole portale neoclassico.[11]
Palazzo Scaduto è uno dei più antichi d Mistretta. Venne edificato nel 1660, in stile barocco, il cui portale principale è arricchito da due maestose sculture laterali e da bassorilievi; all’interno il palazzo conserva tra le più rilevanti “scale alla trapanese” di Sicilia.
Costruito dal Barone Pietro Scaduto, Giurato della Città, diventò di proprietà dei Baroni Bosco, alla fine del Settecento, in via ereditaria. Nel 1816, il Barone Biagio Lipari costruisce un corpo di casa fra il vicolo Cuscè e la via Catania, a fianco del Palazzo Bosco. Il Barone Antonino, figlio di Biagio, acquista dai Bosco il palazzo e l’area circostante e inoltre diventa proprietario della casa beneficiale Cuscè, attigua al palazzo. Nel 1826, amplia il palazzo inglobandovi la casa costruita dal padre e la casa Cuscè costituendo un nuovo corpo, in via Cairoli.
Lo stemma della famiglia Lipari, il leone rampante ai piedi di un albero, è scolpito nella chiave di volta della porta d’ingresso della via Cairoli. Il palazzo viene ereditato dal nipote Giuseppe, che nel 1891 lo ristruttura in occasione del matrimonio della figlia con il Barone Giaconia.Palazzo Russo
Il Palazzo Russo è un esempio di architettura del Settecento, con portale ad arco a tutto sesto in pietra arenaria con alla sommità l’aquila rampante dello stemma nobiliare. All’interno vi è una loggia che risale sicuramente ad un’epoca precedente. Il palazzo fu ultimato nel 1775 come testimonia la data incisa su una pietra sottostante il tetto. L’edificio fu costruito dal Barone Armao e acquistato dal Cavalier Giovanni Russo in occasione del suo matrimonio con Remigia Catania, circa un secolo dopo.
Fontane
Fontana San Vincenzo :Adiacente alla chiesa di San Vincenzo nello spiazzale denominato “Largo Progresso”, nel 1875 fu costruita una fontana in pietra, dal mastro scalpellino Vincenzo Arcieri, il quale appaltò i lavori di costruzione dell’acquedotto. Dalla fontana non sgorga più acqua, ma è possibile ammirare il mirabile lavoro realizzato dall’artigiano mistrettese
Fontana Palo: La città di Mistretta essendo in montagna è ricca di acqua che sgorga in molte fontane e confluisce nell’acquedotto comunale. Nel quartiere “Palo” chiamato così perché nel “Largo Buonconsiglio” durante il Seicento venivano “messi al palo”, cioè impiccati i dissidenti, vi è una maestosa fontana.
Questa fontana venne costruita nel 1860 dai maestri scalpellini locali e dai fratelli Pellegrino. Oggi si alimenta tramite l’acquedotto comunale, ma in passato era e collegata attraverso un sistema idraulico alle sorgenti dette “Virdicanne”.
Fontana del Santissimo Rosario: Vicino alla chiesa del Santissimo Rosario, definita e pavimentata tra il 1868 e il 1870 in seguito ad un riassetto urbanistico della città, vi era una fontana in pietra, eseguita dagli scalpellini Giaimo e Cannata riutilizzando pezzi provenienti dalla “Fontana del Fruscio”, prima sita nella P.zza Vittorio Veneto.
La fontana negli anni sessanta fu spostata di qualche centinaio di metri per facilitare il percorso delle macchine che diventavano sempre più numerose.
Villa Garibaldi – Nel 1873, il terreno antistante al monastero dei Padri Cappuccini trasformato in carcere, divenne di proprietà del comune che ne delimitò il perimetro con mura di cinta in pietra ed inferriate in ferro battuto. La Villa Fu dedicata a Garibaldi collocato un busto marmoreo raffigurante la sua immagine, scolpito dall’artista mistrettese Noè Marullo.
La “Villa Garibaldi” s’ispira allo stile italiano che deriva dal modello del giardino medievale, circondato da alte siepi di disegno geometrico. Il comune acquistò a Palermo numerose piante, anche rare e particolari, che andarono ad affiancare quelle già presenti sul posto e curate dai frati. Vi sono anche alberi secolari che imponenti spiccano in questa oasi di verde nel cuore della cittadina.
Cimitero monumentale
Costruito nel 1889 su progetto dell’architetto Giovan Battista Basile, il Cimitero monumentale si fregia di numerose cappelle e monumenti funebri di pregevole valore. Si segnalano, tra le altre, le cappelle Sergio, Mastrogiovanni Tasca, Salamone, Panebianco e Giaconia.
Luoghi d’interesse naturalistico
Urio Quattrocchi
Posto a quota 1.030 metri sul livello del mare, in zona “B” all’interno del parco dei Nebrodi. Si tratta di un laghetto che ricade nel territorio di Mistretta, alle pendici del monte Castelli. Si trova in una posizione strategica, in quanto collocato all’inizio della dorsale dei monti Nebrodi, in un percorso di circa 70 chilometri che unisce il territorio di Mistretta con quello di Floresta.
Il laghetto è circondato da distese di boschi di faggio (Fagus sylvatica). Nelle zone limitrofe, dalla primavera sino al tardo autunno, si rivestono di colori lussureggianti e di diverse essenze. Alla tipica vegetazione xerofila si aggiungono specie appartenenti alle graminacee, leguminose e alle composite, tra cui l’endemico cardo di Valdemone.
Piccoli mammiferi, donnole, martore e volpi predano occasionalmente nei dintorni del laghetto. L’avifauna nebroidea è una delle più ricche di Sicilia. Tra le specie più curiose annoveriamo cicogne bianche e nere e cormorani, attirati dall’abbondante presenza di pesce. Morette, fischioni, marzaiole e codoni fanno da cornice al paesaggio del lago.
Cascate di Ciddia
Queste cascate, ben nove, sono maggiormente visibili nel mese di Marzo, quando lo scioglimento della neve ne alimenta il corso. La più alta, la Pietrebianche, di ben 35 metri, è la maggiore, insieme con la Cascata Occhialino di Caronia, presente sui Nebrodi. Le cascate di Ponte Ciddhia e Cuttufa scorrono anche in estate.
Società
Attraverso le riprese di Alessandro Savarese, la Torre del Gusto costruisce un filo logico per cogliere i tratti più caratteristici di una città che nel corso dei secoli per economia , arte e cultura ha primeggiato su un intero comprensorio. La ricerca attraverso l’ ausilio di esperti e testimoni appasionati dell’ essenza più profonda di un paese attraverso le tradizioni sacre e profane. La preziosa testimonianza degli ultimi eredi dell’ illustre tradizione scultorea e decorativa ed uno sguardo particolare all’ arte dolciaria con la presentazione artistica della delicatissima “pasta reale” unica nel processo di lavorazione e presentazione. Buona visione!