La prima Edizione della Festa del Cannolo di Nicosia

Dal 10 al 12 ottobre 2025 si e’ svolta la prima Festa del Cannolo di Nicosia . L’evento che ha celebrato il cannolo siciliano con degustazioni, show cooking, laboratori, spettacoli e una competizione tra maestri pasticceri.

Si e’ svolta dal 10 al 12 ottobre 2025 la prima Festa del Cannolo di Nicosia . L’evento ha celebrato il cannolo siciliano con degustazioni, show cooking, laboratori, spettacoli e una competizione tra maestri pasticceri. Per l’ occasione la Torre del Gusto a voluto visitare gli stand delle pasticcerie di Nicosia alla ricerca di quel giusto connubio di tradizione ed innovazione.

E’ stata la splendida Piazza Giuseppe Garibaldi il suggestivo scenario della manifestazione che ha visto a confronto diverse tradizioni dolciarie cittadine pronte a fare degustare il proprio cannolo e le sue originalissime varianti. Andando in giro per gli stand abbiamo intervistato alcuni di loro come Alessandro Granata dell’Antica Gelateria Fratelli Granata, affacciata su piazza Garibaldi.

” Il nostro cannolo è speciale innanzitutto per la buccia: friabile, leggera, si scioglie in bocca”, spiega . “La prepariamo con farina, zucchero, strutto, uova e aceto di vino rosso. La ricotta viene fatta scolare e poi lavorata con lo zucchero fino a ottenere una crema setosa”.
All’assaggio, il cannolo nicosiano rivela davvero una marcia in più: equilibrio perfetto tra dolcezza e freschezza, e una scorza che si sbriciola appena, fondendosi con la crema. Un tratto che accomuna la mano di molti maestri locali. Per l’ occasione il maestro pasticcere a voluto presentare una variante originale denominata ” dolce & amaro” caratterizzata dalla presenza del caramello, da granella di amaretto e cannella con scorzette di arancio ai laterali.

Altro piacevolissimo incontro e’ stato quello con il maestro dolciario Felice La Porta della Pasticceria Caprice. Parliamo di una pasticceria con oltre trent’anni di esperienza che per l’ occasione ha voluto presentare oltre al cannolo classico anche delle varianti al pistacchio e dal cocco.

Nocattoli & co.

Accanto al cannolo, Nicosia vanta un’altra specialità: il nocattolo, dolce di frolla sormontato da un impasto di mandorle o nocciole. Si trova tutto l’anno nelle pasticcerie e ha una sua sagra nei primi giorni di settembre. Un profumo di miele e frutta secca che racconta l’autunno siciliano.

Gli allevamenti di Limousine

Ma Nicosia non vive di solo zucchero. Questa è terra di pascoli e allevamenti: prati verdi e aria limpida che danno carne e latte di qualità. Francesco La Giglia, fondatore di Limousine Sicilia Alta Genetica, alleva bovini da riproduzione della razza Limousine, splendidi esemplari che pascolano in campo aperto, simbolo di un’agricoltura rispettosa e moderna.

Il caseificio Albereto

Anche Mario Di Pasquale, amministratore del Caseificio Albereto, ha scommesso sulla qualità. Con altri soci provenienti dal mondo agricolo, nel 2003 ha avviato il primo allevamento di bufale in Sicilia e, due anni dopo, ha aperto il caseificio. “Oggi abbiamo 450 capi all’interno della riserva naturale Monte Campanito-Sambuchetti”, racconta. “Le bufale vivono al pascolo su venti ettari di terreno e lavoriamo solo il loro latte”.
Nascono così mozzarelle di bufala in varie pezzature e una ricotta morbida, arricchita con una parte di latte ovino. Da poco è iniziata anche la produzione di salumi di bufalo, tra cui mortadella e salame.

Birrificio artigianale 24 Baroni

Nicosia è anche terra di birra. Qui è nato l’unico birrificio della provincia di Enna: il 24 Baroni, fondato dai fratelli Antonio e Giacomo Cosentino. Il nome omaggia le ventiquattro casate baronali che un tempo dominavano la città. “Abbiamo voluto reinterpretare lo stile belga adattandolo ai gusti siciliani”, spiegano i fondatori. Otto le birre in produzione: Saison, Blanche, Amber Ale, Cream Ale al miele, Stout, 5 Cereali, American Pale Ale e Premium Pilsner.

Al di là della creativita’ di ogni singolo maestro pasticcere il cannolo, nella sua eccezione classica richiede dei processi di lavorazione ed ingredienti bene precisi.

I segreti dei cannoli siciliani risiedono nella cialda friabile, preparata tradizionalmente con strutto e Marsala, e nella ricotta di pecora fresca, che deve essere farcita solo al momento del consumo per evitare che la scorza si ammorbidisca. Un ulteriore trucco è creare uno strato protettivo di cioccolato fondente all’interno della cialda. 

L’impasto tradizionale della cialda include farina, zucchero, strutto, uova, sale, Marsala e/o aceto. L’impasto va lavorato fino a ottenere una sfoglia sottile. Per una maggiore friabilità, alcuni utilizzano lo strutto, come si fa a Piana degli Albanesi. Una volta pronte le cialde vanno fritte nell’olio bollente finché non diventano dorate. Si sfilano subito dalla forma per evitare che si incastrano. Ma il segreto principale è la qualità della ricotta. Tradizionalmente si usa ricotta di pecora di alta qualità, non troppo umida, che viene setacciata e zuccherata (con zucchero a velo). Il vero maestro pasticcere riconosce quando la consistenza e’ perfetta e la farcitura deve avvenire all’ultimo momento, subito prima di servire. Per garantire la croccantezza, molti pasticceri stendono uno strato sottile di cioccolato fondente fuso all’interno delle scorze prima di riempirle. Questo strato funge da isolante contro l’umidità della ricotta.  Le estremità si possono guarnire con granella di pistacchio, frutta candita (come scorzette d’arancia o ciliegie), gocce di cioccolato o nocciole.  Una spolverata di zucchero a velo prima di servire completa l’ opera.

La tre giorni nicosiana di manifestazione ha rappresentato una dimostrazione tangibile di volontariato e collaborazioni spontanee. Una manifestazione che parte dal basso, fermamente voluta dalla cittadinanza e le imprese locali come affermano i soci del Movimento per la Difesa dei Territori, associazione nata nell’agosto del 2013 durante le proteste contro la soppressione del Tribunale. Oggi il Tribunale non c’è più, ma il Movimento continua a operare, anche nel campo enogastronomico. “Abbiamo uno dei migliori cannoli siciliani grazie alla bontà della nostra ricotta e alla particolarità della scorza”, racconta Fabio Bruno, anima del gruppo e tra gli organizzatori della festa. “Abbiamo voluto lasciare i nostri dolci fuori concorso per dare spazio ai pasticceri locali e alle loro specialità”.

La madrina dell’evento è stata Giusi Battaglia (“Giusina in cucina”), che ha presieduto la giuria e presentato il suo nuovo libro “La Sicilia dei sapori segreti.

Screenshot

“μαζί” – Una serata greca tra tradizione, cibo e divertimento

Le feste a tema sono un modo originale per dare vita a momenti speciali e coinvolgere i partecipanti in un’esperienza unica. Serate intriganti e ricche di fascino dove l’ identità aggrega i connazionali e diventa per altri un occasione unica per scoprire sapori e gustare atmosfere sconosciute. Tutto questo ed altro ancora ha caratterizzato la serata greca dal titolo ” Μαζί. tra μουσακά e μουσική” svoltasi di recente presso lo Sporting Village di Palermo a cura di Basilio Milatos e Cristina Armato.

la sala gremita di ospiti
Basilio Milatos e Dasililla Oliveira Pecorella


La prima sensazione trasporta gli ospiti in un’atmosfera mediterranea, tra tradizioni millenarie, delizie culinarie e divertimento senza fine. Un esperienza resa ancora più autentica grazie al  gruppo musicale composto sa Alessandro Venza (chitarra, bouzouki, voce) Fabrizio Agugliaro (fisarmonica) e Luca Cioffi (percussioni) che hanno divertito il pubblico con la musica tradizionale greca e con la celebre danza del  Sirtaki, una danza simbolo della cultura greca sebbene non sia un ballo tradizionale in quanto creato nel 1964 per scopi cinematografici. La sua coreografia, che parte da passi lenti per poi accelerare, si basa su antiche danze come l’hasapiko. 

La danza del Sirtaki
Alessandro Venza (chitarra, bouzouki, voce) Fabrizio Agugliaro (fisarmonica) e Luca Cioffi (percussioni


Senza dubbio, uno dei punti salienti di questa festa è il cibo, grazie soprattutto alla maestria dello Chef Federico Danesvalle che ha presentato per l’ occasione un menù a base di Mezedes ossia la selezione di antipasti tipici greci, simili alle tapas spagnole, che vengono serviti come aperitivo o per accompagnare un pasto. 

Molto interessante lo Tzatziki , una salsa a base di yogurt greco e cetrioli, perfetta per ravvivare un pinzimonio di verdure o per accompagnare piatti a base di carne. La spanakopitakia nella versione di monoporzioni triangolari. La tipica torta salata greca di pasta fillo farcita con feta e spinaci.

Lo Chef Federico Danesvalle e Dasililla Oliveira Pecorella


Buonissima la pantzarosalata, cioè una salsa greca ideale per accompagnare insalate, carni bollite, patate al vapore o più semplicemente con il pane. Ma il piatto forte della serata resta senza dubbio la Moussakà, uno sformato a base di melanzane, patate, carne tritata e pomodoro in diversi strati, cotto in forno, guarnito con una spessa copertura di besciamella.

La Moussakà


Come secondo piatto una preparazione di carne macinata detta bifteki è una Horiatiki ossia una tipica insalata greca composta da cetrioli e pomodori asciugati al sole.

Come dolce la Portokalopita cioè una torta greca di arance, yogurt e pasta fillo da accompagnare con ouzo e la la rakia non possono mancare. Un trionfo di gusti a cui lo chef ha dato un tocco personale.

Le Madeleinettes o Biscotti della Maddalena


Di César C. Torella de Sanleucio y Sanmiguel

Le “Madeleinettes” sono dei biscotti tipici della Provenza e dell’Occitania. Hanno, a volte, la forma di conchiglia e, altre volte, quella di barca. Prendono nome da S. María Maddalena o, rectius, Santa María de Magdala (in ebraico, della Torre). Il simbolismo “marinaro” di questi biscotti occitani fa riferimento, tra le altre cose, al viaggio per mare delle Sante Maríe o Pie Donne della Tradizione Cristiana. Si narra, infatti, che Santa María di Magdala, sua sorella Santa Marta de Betania, il fratello San Lazzaro, San Giacomo – forse il Minore – e le altre Marie (quelle che accompagnarono Gesù durante la Crocefissione), per fuggire alle persecuzioni, si trasferissero nella Gallia del Sud.

Furono questi Apostoli i primi a convertire l’Occidente alla nuova Religione Cristiana. In testi sia greci sia arabi, vengono indicati come i Desposynoi o Kyriakoi, ovvero come i “Familiari del Signore”. A Essi si deve anche la posteriore diffusione delle leggende cavalleresche sul San Grial, inteso non solo come una preziosa Reliquia, ma come lo stesso Preziosissimo Sangue di Gesù N.S.. Io conobbi per la prima volta i “biscotti della Maddalena”, nel paese irpino di mio padre: Sturno, già Casali di Frigento. Il merito fu di mio zio, il nob. dr. don Giuseppe Torella, meglio noto come don Geppino, che li portò da uno dei suoi viaggî in Provenza.

.La fotografía è stata pubblicata dall’Ecc.mo don Pietro Tomasi della Torretta Pietro Tomasi della Torretta, autore di splendide note sulla Storia Siciliana, che ringrazio. C.C.T.

Olio in di qualità: La molitura delle olive e le differenze con la frangitura

Dopo la raccolta e la pulizia delle olive, arriva il momento di iniziare il processo di estrazione dell’olio dai frutti. Le fasi iniziali di questo processo si chiamano molitura e frangitura, due metodi alternativi che raggiungono lo stesso risultato. Mentre la molitura è un processo più lento e tradizionale della lavorazione delle olive, la frangitura, più moderna, è veloce e meccanica. Ma quali sono le differenze tra queste due tecniche?

La spremitura delle olive, anche detta molitura, è una delle fasi fondamentali per ottenere un olio extravergine sano e gustoso. Si tratta di un procedimento che consente di estrarre l’olio dalla polpa dell’oliva con la molazza, senza utilizzare alcun additivo chimico. La molazza è una macina costituita da un blocco di granito, pesante e di forma cilindrica, che ruota su un asse verticale grazie all’azione di una leva a braccio. Le olive, poste nella cavità centrale della molazza, vengono schiacciate dalle macine in granito, ottenendo così una pasta grossolana composta da polpa, buccia e noccioli. Questo metodo di frangitura tradizionale viene utilizzato sempre meno, sostituito da frangitori a martelli o a dischi rotanti a ciclo continuo, che permettono di frantumare le olive più velocemente e ottenere una pasta più uniforme. Il processo di molitura si dice che avviene “a freddo”, ovvero senza l’utilizzo di acqua o calore, questo succede al fine di preservare al meglio le caratteristiche organolettiche dell’olio. Grazie a questa tecnica, infatti, gli aromi e i sapori rimangono inalterati e il prodotto finale risulta di alta qualità. 

Differentemente, la frangitura è una tecnica che prevede l’utilizzo di un frangitore, ovvero un macchinario che trita e frantuma le olive per separare l’olio dalla polpa. Questa tecnica può essere utile quando si tratta di lavorare grandi quantità di olive in tempi brevi, ma il risultato ottenuto può presentare una qualità di livello inferiore rispetto all’olio ottenuto con la molitura. In particolare, l’olio prodotto con la frangitura può risultare meno intenso e persistente nei sapori e nei profumi.

Cos’è la molitura e come si fa?

Dopo la raccolta, la conservazione delle olive, prima della lavorazione, è un aspetto importante per garantire la qualità del prodotto. Tuttavia, è fondamentale che la lavorazione avvenga il prima possibile per evitare che la fermentazione rovini i frutti, influendo quindi negativamente sulla qualità dell’olio ottenuto. La fermentazione delle olive può causare l’aumento dell’acidità dell’olio, la formazione di odori sgradevoli e la perdita di alcune proprietà organolettiche del prodotto finale. Per questa ragione, le olive raccolte possono essere conservate per un breve periodo di tempo, generalmente fino a qualche giorno, prima di essere sottoposte alla molitura.

Procedimento di molitura delle olive

Il processo di molitura avviene attraverso una serie di fasi ben definite, che permettono di ottenere un olio dalle caratteristiche organolettiche eccellenti. Le fasi fondamentali della lavorazione delle olive subito dopo la raccolta includono diverse operazioni, tra cui:

  • Defogliazione delle olive per rimuovere le foglie presenti
  • Lavaggio delle olive per eliminare eventuali impurità
  • Spremitura a freddo, che può avvenire tramite molitura o frangitura
  • Gremolatura della pasta di olive per eliminare residui di polpa e acqua
  • Estrazione dell’olio dalla pasta tramite centrifugazione
  • Separazione dell’olio dall’acqua e dalle impurità tramite filtrazione
  • Distribuzione dell’olio in apposite bottiglie o contenitori
  • Stoccaggio dell’olio in luoghi freschi e asciutti, protetti dalla luce e dal calore

Analizziamo ora nel dettaglio le fasi più importanti fino alla spremitura dei frutti. La prima fase prevede la defogliazione delle olive e il lavaggio di esse, in modo da eliminare eventuali impurità presenti sulla superficie. Questa operazione è fondamentale per garantire che il prodotto finale sia privo di impurità e abbia un aroma e un sapore perfettamente equilibrati. Successivamente, le olive vengono sottoposte alla spremitura a freddo, una tecnica che consiste nello schiacciare e spremere le olive attraverso delle pesanti ruote, di solito in granito. Queste ruote compiono il loro lavoro anche grazie ai noccioli delle olive, che muovendosi e spezzandosi contribuiscono a spremere la polpa dei frutti.

Differenze tra molitura e frangitura

Rispetto alla molitura, la frangitura è una tecnica meccanica molto più veloce. Il frangitore sostituisce le ruote in granito, e trita le olive in modo da separare l’olio dalla polpa. Questa tecnica prevede l’utilizzo di acqua e temperature elevate per facilitare ed accelerare il processo, il che può alterare i profumi e i sapori dell’olio ottenuto.

In base alle necessità aziendali e di produzione, può essere preferita la frangitura alla molitura, vista la sua rapidità e considerato che è tendenzialmente meno dispendiosa economicamente. Essa, infatti, consente di lavorare grandi quantità di olive in poco tempo. Tuttavia, l’olio ottenuto con la frangitura può presentare una minore quantità di polifenoli rispetto all’olio ottenuto con la molitura. Questo è dovuto alla maggiore esposizione all’aria, e all’utilizzo dell’acqua durante il processo.

La molitura delle olive è una fase delicata ma fondamentale per ottenere un olio extravergine di alta qualità, inoltre precede il cuore pulsante di tutta la produzione, ossia la gramolatura della pasta di olive. Sebbene la frangitura possa essere una tecnica più rapida e meno costosa, l’olio ottenuto con la molitura è considerato la scelta migliore e si presta elegantemente, con i suoi profumi e sapori, alla preparazione di ogni piatto e ricetta.

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Quanto è importante la temperatura di frangitura per il contenuto di fenoli nell’olio extravergine di oliva

La temperatura della pasta delle olive aumenta notevolmente durante la rapida frantumazione delle drupe a causa dell’attrito della pasta contro la griglia e le superfici degli organi di taglio del frangitore

I fenoli rappresentano la classe di composti che principalmente conferisce le proprietà organolettiche e la resistenza all’ossidazione degli oli di oliva vergini, contribuendo anche a determinare alcune delle loro caratteristiche nutrizionali.

La quantità di fenoli presenti negli oli di oliva vergini dipende dal metodo di preparazione della pasta di olive. Precedenti studi hanno evidenziato che l’utilizzo di un frangitore a martelli piuttosto che di un frantoio a pietra produce un maggiore contenuto di fenoli totali, mentre la gramolazione della pasta ne riduce generalmente il contenuto. La maggiore quantità di fenoli totali presenti negli oli ottenuti da una pasta franta a martelli rispetto agli oli estratti da paste molite può essere attribuita alle temperature più elevate raggiunte durante la frangitura, nonché a una maggiore attivazione dei fenomeni di solubilizzazione attraverso i quali una maggiore quantità di composti fenolici passa dai loro siti strutturali all’olio.

Inoltre, la temperatura della pasta aumenta notevolmente durante la rapida frantumazione delle drupe a causa dell’attrito della pasta contro la griglia e le superfici dei martelli prima di essere estratta dal frantoio. Ciò ha inevitabilmente un impatto sulla qualità degli oli e in particolare sui componenti fenolici.

In media, i fenoli totali sono circa il 40% maggiori negli oli ottenuti dalle olive molite alla temperatura più elevata (18 °C). Questo risultato sembrerebbe suggerire che la temperatura di lavorazione delle olive debba essere considerata uno dei fattori responsabili della maggiore diffusione dei composti fenolici in un olio. Come risultato della quantità di fenoli totali presenti, anche il tempo di induzione degli oli, determinato con il metodo Rancimat, era in media 20% maggiore negli oli estratti dalle olive lavorate alla temperatura più elevata. Ciò dimostra ulteriormente la significativa correlazione già segnalata tra la quantità di fenoli totali e i tempi di induzione.

La gramolazione della pasta ha portato a una riduzione del contenuto totale di fenoli negli oli ottenuti da olive lavorate a 18 °C, mentre un leggero aumento è stato registrato negli oli estratti da drupe lavorate a 6 °C. Le variazioni che si verificano nei composti fenolici durante la gramolazione possono essere attribuite all’aumento di temperatura che influenza le proprietà chimiche e fisiche del sistema colloidale acqua/olio; possono anche derivare da una serie di meccanismi contrastanti, correlati alla temperatura, probabilmente causati sia dalla solubilizzazione e dall’idrolisi che portano al passaggio di queste sostanze dai loro siti strutturali nell’olio, sia da fenomeni ossidativi che si verificano nei fenoli che si sono solubilizzati durante la fase oleosa.

Di conseguenza, quando le olive vengono lavorate a 6°C, anche i tempi di induzione degli oli ottenuti da paste frante a martelli e gramolate erano più lunghi rispetto ai tempi registrati per gli oli estratti dalle paste che erano state solo frante a martelli.

Si registrano anche maggiori quantità di tirosolo e idrossitirosolo misurate negli oli estratti dalle olive lavorate a temperatura più bassa, che hanno anche risultato contenere maggiori quantità di acidi caffeico e idrossicaffeico. Gli altri fenoli semplici erano generalmente presenti in quantità maggiori negli oli estratti dalle olive lavorate a temperatura più elevata. Questa situazione complessiva potrebbe essere dovuta a fenomeni ossidativi che si sono verificati in quantità maggiori negli oli estratti da olive frante a temperatura più elevata e che influenzano i fenoli liberi solubilizzati nella fase oleosa dopo il riscaldamento istantaneo della pasta di olive durante la frangitura.

L’oleuropeina è presente in quantità maggiori negli oli estratti da olive lavorate a 6 °C e ciò può essere attribuito al fatto che la degradazione dell’oleuropeina è ridotta a causa della minore attività della β-glucosidasi durante la frangitura. Ad eccezione di alcuni singoli composti fenolici, si è osservata una diminuzione di tutti gli altri negli oli ottenuti da drupe lavorate sia a 18 °C che a 6 °C durante la gramolazione della pasta di olive. Questa diminuzione può essere attribuita all’attività della lipossigenasi che viene rilasciata durante la frangitura e non viene inattivata durante la gramolazione, nonché all’interscambio tra acqua e olio favorito dal complesso colloidale delle paste.

Intensità e durata della siccità influenzano in modo differenziato la crescita delle olive

  


La tempistica, la durata e l’intensità delle restrizioni dell’acqua all’olivo durante l’estate influenzano in modo differenziato la crescita e la produzione delle olive, in base ai processi di sviluppo dei frutti.

Per questo, la risposta morfogenetica dei tessuti a diverse strategie di irrigazione durante l’estate sono stati esaminati in un oliveto spagnolo.

Gli alberi di controllo (CON) sono stati irrigati per mantenere la zona di radice vicino alla capacità di campo durante la crescita dei frutti.

Dal germogliamento a 4 settimane dopo la piena fioritura (WAFB) (Periodo 1) e da 14 WAFB alla raccolta (a 23 WAFB) (Periodo 4) gli alberi di tutti i trattamenti sono stati irrigati a livello controllo.

Durante l’estate sono stati applicati due gravi trattamenti per il deficit idrico irrigando il 30% CON da 4 a 9 WAFB (Periodo 2) in DI-P2 o da 9 a 14 WAFB (Periodo 3) in DI-P3.

Il deficit idrico moderato è stato applicato nei periodi 2 e 3 irrigando al 50% in DI-P2 e 3.

Sono stati valutati la crescita e lo sviluppo del frutto e dei suoi tessuti componenti (esocarpo – buccia, mesocarpo – polpa ed endocarpo – nocciolo), la composizione delle olive, l’area cellulare del mesocarpo e il numero cellulare e le caratteristiche delle cellule sono state misurate alla fine di ciascun periodo.

I deficit idrici hanno ridotto significativamente il volume delle olive al momento in cui sono stati applicati.

Le dimensioni della polpa erano più sensibili al deficit idrico rispetto alle dimensioni dell’endocarpo e hanno mostrato un’elevata capacità di recupero dopo l’irrigazione.

Sebbene la maggior parte delle cellule sia stata sviluppata nel periodo 1, un numero considerevole di cellule del mesocarpo si è formato in seguito. Mentre il numero di cellule della polpa non è stato influenzato dalla riduzione dell’acqua in uno qualsiasi dei periodi di deficit, le dimensioni delle cellule sono state fortemente colpite, ma con un’elevata recuperabilità.

Le dimensioni dell’endocarpo sono state ridotte quando la restrizione dell’acqua è stata applicata in DI-P2 e il suo effetto è continuato fino al raccolto.

Il contenuto di olio delle olive al raccolto non è stato influenzato in modo significativo dalle restrizioni idriche applicate. Lo spessore della buccia, la dimensione delle cellule contenenti olio e il loro numero al raccolto sembrano rispondere sia al regime di irrigazione che alle pressioni di espansione delle olive.

di R. T.


La produttività dell’olivo e la resa in olio spiegati dai parametri di fertilità del suolo

  


La produzione di olive (Olea europaea L.) negli ambienti mediterranei è per lo più praticata in condizioni di siccità e a basso input. Il contributo dei diversi parametri del suolo e del terreno alla resa dell’olivo non è ben compreso.

Mentre molti studi hanno cercato di valutare l’effetto delle applicazioni di fertilizzanti o della fertilità del suolo sulla produttività dell’olivo, ma sono pochi gli studi sulla relazione inversa.

Alcuni ricercatori in Andalusia, hanno cercato di collegare il vigore degli alberi ai parametri del suolo. Hanno concluso che la profondità della zona radicale era il miglior predittore del volume della chioma, spiegando il 58% della variabilità.

Al contrario, la relazione tra il contenuto minerale delle foglie e la resa è meno chiara.   

Altri autori hanno riportato una forte correlazione negativa tra la produttività dell’olivo e i minerali fogliari fosforo (P), potassio (K), calcio (Ca) e magnesio (Mg).    

E’ quindi necessario valutare l’effetto di diversi parametri del suolo sulla nutrizione dell’albero e sulla produttività in frutti e sulla concentrazione di olio mediante regressioni semplici e multiple, al fine di individuare il modello che meglio descrive la variabilità osservata.          

La produttività dell’olivo e la resa in olio spiegati dai parametri di fertilità del suolo

Per determinare i fattori che influenzano maggiormente la produttività, sono state stabilite correlazioni tra la resa, da un lato, e i fattori suolo/terreno e le concentrazioni di nutrienti fogliari, dall’altro.

Sono stati determinati i parametri di fertilità del suolo e del terreno (pendenza del campo, profondità del suolo) e le concentrazioni di minerali fogliari.

I nutrienti totali disponibili per albero sono stati calcolati utilizzando il volume della zona radicale e le concentrazioni dei nutrienti.

La produttività è risultata ben correlata con la quantità totale di potassio disponibile nel suolo, la quantità totale di azoto nel suolo e la profondità del suolo.

Un modello che includeva la quantità di potassio del suolo, la profondità del suolo, le concentrazioni di boro (B) e ferro (Fe) delle foglie spiegava l’83% della variazione totale della produzione.

La concentrazione di olio era debolmente correlata alle concentrazioni fogliari di zinco, boro, potassio e manganese. La concentrazione di olio non è dunque correlabile ai parametri del suolo o del terreno.

di R. T.


Maggio,il mese della pianta del limone

di Daniela Guercio

L’albero di limone è un piccolo albero sempreverde originario dell’Asia meridionale. È ampiamente coltivato in tutto il mondo per i suoi frutti succosi e aromatici, utilizzati in cucina e per la produzione di succo di limone.

Vediamo nel dettaglio le caratteristiche di un albero di limone

L’albero di limone può crescere fino a un’altezza di 5-7 metri e ha una chioma ampia e ramificata. Le foglie sono ovali e di colore verde brillante, con un margine dentellato. I fiori sono bianchi e profumati, riuniti in infiorescenze a grappolo. I frutti sono ovali o rotondi e di colore giallo quando sono maturi. La buccia del limone è spessa e ricca di oli essenziali, mentre la polpa è succosa e acida.

L’albero di limone preferisce decisamente un clima caldo e umido, con temperature comprese tra i 10 e i 30 gradi. Può tollerare periodi di siccità, ma necessita comunque di annaffiature regolari e frequenti, soprattutto durante la stagione di crescita, per questo il terreno ideale per l’albero di limone deve essere ben drenato e ricco di sostanza organica.

L’albero di limone si propaga per seme o per talea: la semina avviene in primavera, mentre la talea può essere effettuata in qualsiasi momento dell’anno. L’albero di limone inizia a fruttificare dopo 3-5 anni dall’impianto. È una pianta relativamente resistente alle malattie e ai parassiti. Tuttavia, può essere attaccato da alcuni insetti, come gli afidi e la cocciniglia, e da alcune malattie fungine, come il mal secco e la macchia bruna.

Perché il mese di maggio è così importante per l’albero di limone?

Maggio è un mese importante per la cura delle piante di limone, in quanto segna l’inizio della stagione di crescita attiva e la fioritura.

Ecco alcuni punti da tenere a mente per mantenere il tuo limone sano e produttivo: – va aumentata gradualmente l’irrigazione rispetto a quanto fatto nei mesi invernali e bisogna assicurarsi che il terreno sia ben drenato e innaffiato solo quando la superficie è asciutta al tatto. Il momento da dedicare all’irrigazione è preferibilmente al mattino presto, per evitare che l’acqua evapori troppo rapidamente.

– va utilizzato sempre un fertilizzante specifico per agrumi ricco di azoto, fosforo e potassio. È importante concimare regolarmente durante la stagione di crescita, in particolare durante la fioritura e la fruttificazione.

– va praticata la potatura dei rami secchi, danneggiati o incrociati, per favorire la crescita di nuovi rami vigorosi e migliorare la circolazione dell’aria, va fatto sempre all’inizio della primavera o all’inizio dell’autunno, evitando di potare durante la fioritura o la fruttificazione. Elimina i polloni, ovvero i succhioni che crescono alla base della pianta o sul tronco.

– per i fiori o i frutti non è sempre necessario intervenire. Si consiglia di eliminare i fiori in eccesso, per favorire la crescita di frutti più grandi e succosi, mentre i frutti possono essere lasciati sugli alberi, soprattutto quando la pianta è giovane o se si desidera una produzione abbondante, anche se i frutti potrebbero essere più piccoli. Se si nota, poi, che la pianta è troppo carica e i frutti sono troppi e non si vuole raccoglierli, per evitare si pieghi si può usare un tutore, un manico di scopa ad esempio.

– importante è proteggere la pianta di limone dai parassiti e dalle malattie. Controllare, quindi, spesso la pianta e trattare tempestivamente eventuali problemi con prodotti specifici per agrumi e per prevenire da possibili problemi mantenendo la pianta pulita e ben ventilata.

(tratto da Cefalu’ & Madonie Web)

Salva le api: coltiva queste piante nettarifere e fai la differenza

Salvare le api è più che un gesto di amore verso la natura; è un’azione vitale per il nostro ecosistema. Scopri come le tue scelte in giardino possono fare la differenza.

Le api sono tra gli impollinatori più importanti del nostro pianeta, ma sono gravemente minacciate da fattori come la deforestazione, l’urbanizzazione e l’uso eccessivo di pesticidi. Coltivare piante che le attraggano e le nutrano non è solo un atto di conservazione, ma un passo essenziale per mantenere la biodiversità e la salute del nostro ambiente. Questo articolo ti guiderà attraverso le migliori piante nettarifere da coltivare, spiegando come ciascuna di esse può contribuire a sostegno delle popolazioni di api.

L’importanza delle api per il nostro ecosistema

Le api non sono solo creature affascinanti, sono essenziali per la pollinazione di molte delle nostre colture e piante selvatiche. Senza di loro, non solo avremmo una drastica riduzione delle nostre risorse alimentari, ma vedremmo anche un impatto negativo sulla varietà delle piante, essenziali per un habitat sano. Le api aiutano a mantenere l’equilibrio degli ecosistemi e a produrre semi, frutti e verdure che formano la base dell’alimentazione di numerosi animali selvatici.

È allarmante sapere che molte specie di api sono a rischio di estinzione. Il loro declino è accelerato dalla perdita di habitat, malattie, parassiti e, significativamente, dall’uso di pesticidi come i neonicotinoidi, che possono danneggiare il loro sistema nervoso e ridurre la loro capacità di orientamento e sopravvivenza. È qui che entra in gioco la tua azione personale: coltivando piante appropriate, puoi fornire rifugio e nutrimento a queste vitali creature.

Piante nettarifere che fanno la differenza

Non tutte le piante sono ugualmente utili per le api; alcune offrono molto più nettare e polline di altre. Piante come la Lavanda, il Girasole e la Salvia farinacea non solo attirano le api con i loro colori vivaci e il loro nettare abbondante, ma offrono anche habitat essenziali e nutrimento per tutto l’anno. Queste piante sono facili da coltivare e possono trasformare il tuo giardino in un paradiso per le api.

Coltivare piante nettarifere non solo contribuisce alla salute delle api, ma arricchisce anche il tuo giardino, attirando una varietà di altri impollinatori che contribuiscono alla biodiversità e alla vitalità del tuo spazio verde. Questo non solo crea un ambiente più sano e resiliente ma contribuisce anche a un ecosistema più robusto e sostenibile.

Quando e come coltivare

La scelta del momento giusto per piantare è cruciale per il successo del tuo giardino nettarifero. La maggior parte delle piante nettarifere beneficia di una semina primaverile, che consente loro di stabilirsi e crescere robuste prima dell’arrivo dell’estate. Tuttavia, alcune, come i tulipani, necessitano di essere piantati in autunno.

È importante informarsi sulle specifiche esigenze di ogni pianta che decidi di coltivare. Assicurati di considerare anche il tipo di suolo e l’esposizione al sole, poiché questi fattori possono influenzare notevolmente la crescita e la floridità delle tue piante. Pianificare in anticipo ti permetterà di massimizzare la salute delle tue piante e di garantire un habitat ottimale per le api durante tutto l’anno

Piante consigliate per un giardino nettarifero per le api

Prima di darti al giardinaggio, ecco alcune piante che puoi considerare per il tuo giardino nettarifero:

  • Salvia farinacea: questa pianta ama il sole e fiorisce fino al tardo autunno, offrendo cibo per le api per la maggior parte dell’anno. È ideale per chi desidera avere un giardino vivace anche oltre l’estate.
  • Lavanda: con i suoi fiori profumati e lilla, è ideale anche in vaso, perfetta per balconi soleggiati. Oltre a essere esteticamente gradevole, è molto efficace nel fornire nutrimento continuativo alle api.
  • Basilico: nota per tenere lontane le zanzare, questa pianta aromatiche attira le api con i suoi piccoli fiori. Perfetta per chi cerca un doppio beneficio: utilità in cucina e supporto agli impollinatori.
  • Tulipano: uno dei primi fiori primaverili, predilige i climi temperati. Il tulipano aggiunge un tocco di colore precoce al tuo giardino che è molto invitante per le api.
  • Girasole: simbolo dell’estate, è semplice da coltivare e molto efficace nell’attirare api. I suoi grandi fiori gialli non solo abbelliscono il giardino ma sono anche un’importante fonte di cibo per le api.
  • Calendula: i suoi fiori vivaci sono un magnete per le api durante i mesi più caldi. Facile da coltivare, è perfetta per chi inizia il giardinaggio e desidera risultati immediati.

Coltivare queste piante non solo aiuterà le api, ma arricchirà anche il tuo ambiente, offrendoti uno spazio verde più vivo e colorato. Ogni piccolo gesto conta: piantando anche solo una di queste specie, contribuirai significativamente alla conservazione delle api e alla salute del nostro pianeta

Olio rancido, come riconoscerlo

L’ossidazione dei lipidi è stata riconosciuta come il problema principale che affligge gli oli commestibili, poiché è la causa di importanti cambiamenti deteriorativi nelle loro proprietà chimiche, sensoriali e nutrizionali. L’autossidazione e la fotoossigenazione, dovute alla presenza di ossigeno nell’aria, sono praticamente inevitabili. Quando i lipidi si ossidano, possono formare idroperossidi, che sono suscettibili di ulteriore ossidazione o decomposizione in prodotti di reazione secondari come aldeidi, chetoni, acidi e alcoli. In molti casi, questi composti influenzano negativamente sapore, aroma, gusto, valore nutrizionale e qualità generale. Molti sistemi catalitici possono ossidare i lipidi. La maggior parte di queste reazioni coinvolgono alcuni tipi di radicali liberi o specie di ossigeno. L’ossidazione può essere prodotta sia al buio che in presenza di luce, che presentano differenze nel loro percorso di ossidazione dovute all’azione di variabili esterne.

L’olio di oliva vergine è considerato resistente alla degradazione ossidativa a causa di un basso contenuto di acidi grassi saturi, di un elevato rapporto tra acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi e della presenza di componenti minori antiossidanti naturali come α-tocoferolo e composti fenolici. Tuttavia, la degradazione ossidativa dell’olio d’oliva è la causa più importante di una percezione sensoriale sfavorevole.

L’ossidazione dell’olio di oliva: come nasce il difetto di rancido

Per identificare gli odori responsabili di un sapore rancido negli oli di oliva, in primo luogo, i composti aromatici chiave in un olio extravergine di oliva premium sono stati caratterizzati mediante l’approccio sensomico e sono stati poi confrontati con quelli presenti in un sapore rancido certificato. aroma di olio d’oliva ottenuto dal Consiglio oleicolo internazionale (CIO).

L’acido acetico ha mostrato il coefficiente di Pearson più alto tra l’intensità percepita del difetto di rancido e la concentrazione dell’odore. In particolare, (E,Z)- e (E,E)-2,4-decadienale e (Z)-2-nonenale possono essere suggeriti come marcatori chimici per l’irrancidimento dell’olio d’oliva in combinazione con marcatori aromatici positivi, ad esempio l’acetaldeide e (Z)-3-esenale.

Dopo un processo di ossidazione le sostanze volatili iniziali, molte delle quali responsabili delle gradevoli caratteristiche sensoriali dell’olio e prodotte principalmente attraverso vie biochimiche, scompaiono nelle prime ore, e la formazione di aromi sgradevoli, prodotti attraverso vie ossidative, aumenta gradualmente. Sono stati identificati i principali composti volatili possibilmente responsabili di off-flavor (51) ed è stata studiata la loro evoluzione durante il processo ossidativo.

Durante il processo di ossigenazione è stato determinato il contenuto di acidi grassi. Gli acidi grassi insaturi sono risultati essere i principali precursori dei composti volatili presenti nei campioni ossidati. La misurazione precoce del nonanale (che non è stato rilevato affatto, o solo a livello di tracce, nei campioni di olio extravergine di oliva) potrebbe essere un metodo appropriato per rilevare l’inizio dell’ossidazione. Il rapporto esanale/nonanale è stato utilizzato per differenziare tra campioni di olio d’oliva vergine ossidato e di buona qualità. La valutazione sensoriale dei campioni e il valore di perossido concordavano sull’evoluzione dell’ossidazione.

L’ossidazione dell’olio di oliva: come nasce il difetto di rancido

Per identificare gli odori responsabili di un sapore rancido negli oli di oliva, in primo luogo, i composti aromatici chiave in un olio extravergine di oliva premium sono stati caratterizzati mediante l’approccio sensomico e sono stati poi confrontati con quelli presenti in un sapore rancido certificato. aroma di olio d’oliva ottenuto dal Consiglio oleicolo internazionale (CIO).

L’acido acetico ha mostrato il coefficiente di Pearson più alto tra l’intensità percepita del difetto di rancido e la concentrazione dell’odore. In particolare, (E,Z)- e (E,E)-2,4-decadienale e (Z)-2-nonenale possono essere suggeriti come marcatori chimici per l’irrancidimento dell’olio d’oliva in combinazione con marcatori aromatici positivi, ad esempio l’acetaldeide e (Z)-3-esenale.

Dopo un processo di ossidazione le sostanze volatili iniziali, molte delle quali responsabili delle gradevoli caratteristiche sensoriali dell’olio e prodotte principalmente attraverso vie biochimiche, scompaiono nelle prime ore, e la formazione di aromi sgradevoli, prodotti attraverso vie ossidative, aumenta gradualmente. Sono stati identificati i principali composti volatili possibilmente responsabili di off-flavor (51) ed è stata studiata la loro evoluzione durante il processo ossidativo.

Durante il processo di ossigenazione è stato determinato il contenuto di acidi grassi. Gli acidi grassi insaturi sono risultati essere i principali precursori dei composti volatili presenti nei campioni ossidati. La misurazione precoce del nonanale (che non è stato rilevato affatto, o solo a livello di tracce, nei campioni di olio extravergine di oliva) potrebbe essere un metodo appropriato per rilevare l’inizio dell’ossidazione. Il rapporto esanale/nonanale è stato utilizzato per differenziare tra campioni di olio d’oliva vergine ossidato e di buona qualità. La valutazione sensoriale dei campioni e il valore di perossido concordavano sull’evoluzione dell’ossidazione.