Cari amici be’tiavon!!! (buon appetito in ebraico)
Questa volta andiamo in Palestina, la celebre Terra di Canaan o Terra di Israele, punto di convergenza di tre importanti religioni monoteiste, ombelico del mondo per l’Occidente cristiano, l’Oriente Islamico ed il mondo ebraico. Attraverso gli emozionanti scatti del nostro bravo fotografo Alessandro Savarese, andremo alla scoperta di una Regione singolare, affascinante e mistica.
Non si può percorrere un itinerario gastronomico senza prescindere della Palestina, per l’influenza che la cucina ebraica certamente ha avuto sulla cucina europea ed occidentale in generale e per i singolari risultati culinari che l’incontro di mondi diversi hanno e continuano a produrre. Per questo dedichiamo un approfondimento poiché ci aiuterà meglio a comprendere alcuni aspetti della cucina siciliana ed italiana che diversamente non potremmo comprendere.
Le rispettive cucine palestinese(araba) e israeliana(ebrea) sono il frutto della fusione della cultura araba ed ebrea con influenze culturali di popoli come i persiani e turchi che per secoli hanno governato questa regione.– Quindi la cucina locale è il risultato di un “mix” di disparate influenze culturali.
Data la profonda religiosità della popolazione, sussistono limiti circa il consumo di certi carni e pasteggiare con latticini e carni nello stesso piatto.
Ciò nonostante la cucina è abbastanza varia con zuppe, carni, pesce, il tutto accompagnato da abbondanti e fresche insalate Non mancano i dolci ma sono sempre presenti i prodotti di frutta locale, vanto dell’agricoltura nazionale di cui Israele è esportatore mondiale.
La cucina più propriamente israeliana e poi continuamente in evoluzione, arricchita di continuo con piatti portati dagli ebrei emigrati in Israele da tutto il mondo, anche se l’influenza maggiore è quella del Libano se si considera che gli antipasto nazionale di Israele è “hummus”, salsa a base di ceci, la “tehina”, a base di sesamo, insalate di cavolo bianco o rosso, insalate con melanzane – vera regina della cucina locale – insalate con carote e zucchini. Il tutto solitamente consumato insieme a focacce di pane azzimo, oppureil tipico pane locale probabilmente preparato sul momento, la pita, che puo’ essere di dimensioni diverse e prendere nomi diversi come “lafha”. prima di farcirle di falafel ossia di polpette di legumi speziate e fritte o di shawarma panino a base di carne di pecora, tacchino o pollo ricoperta di grasso di pecora, simile al kebab
Esclusivamente israeliana è poi la cucina “Kasher” o “Kosher” si intende “preparata secondo i precetti della Torah (bibbia ebraica)” e il resto delle tradizioni religiose ebraiche. Con “kasher” si intende “puro” “valido” “adatto”; “kashrut” è l’insieme delle varie regole culinarie. La Torah elenca una serie di animali che possono essere consumati ed altri che devono essere esclusi dalla cucina ebraica. Può essere consumata la carne dei bovini e degli ovini mentre sono escluse le carni di cavallo, maiale, coniglio ma anche tutti i prodotti di mare, di lago e di fiume che non presentano squame, pinne e lische. Quindi vongole, seppie, aragoste ecc. non sono “kasher”.
Ovviamente per le principale feste annuali la famiglia prepara i piatti tipici a seconda della propria provenienza d’origine; sicuramente il “cuscus” comparirà sul tavolo di una famiglia di origine tunisina mentre il “gefilte fish” (polpette di carpa macinata con salsa di barbabietola e gelatina) sarà consumato da una famiglia di origine polacca-ucraina.
Per i palestinesi invece il pasto più importante è il pranzo aperto dalle numerose mezze, arricchito con pesci e carni di piccione o agnello. Il condimento per eccellenza è l’olio di oliva. Per dare aromi e sapori vengono usate molte spezie (preferite cumino, curcuma, sommacco) e frutta secca (mandorle, pistacchi, noci). Piatti del territorio sono: Maftul (cuscus palestinese), Humus (purè di ceci), Datali (foglie di uva ripiene di riso e carne), Makluba (carne, riso con cavolfiore e/o melanzane), come gli isaeliani il Falafel (polpette fritte di ceci),e poi Baba ganush (puré di melanzane e spezie). Dolci tradizionali i Baklawa.
Importantissimo è il pane cotto nel forno comune, chiamato “taboon”, ubicato in uno spazio condiviso da diversi nuclei familiari. Le diverse tipologie di pane, mai tagliato con il coltello ma strappato con le mani, diventano spesso il piatto sul quale appoggiare i cibi. Sono tre le principali regioni culinarie: Galilea (Palestina storica), Gaza e Cisgiordania (che ha proprie subregioni culinarie che vanno da nord a sud). – Galilea: bulgur, carne di manzo o agnello con un forte legame alla cucina libanese nato prima della costituzione dello stato d’Israele.
– Striscia di Gaza: pesce della costa mediterranea, sulla quale prospera un’importante industria della pesca. Il pesce viene spesso servito alla griglia o fritto dopo essere stato farcito con peperoni rossi e cumino, e marinato in una miscela di spezie fra le quali spicca il coriandolo. Questa cucina segue le impronte della tradizione egiziana prediligendo aromi come peperoncino, semi di aneto, aglio. – Cisgiordania: pollo arrosto su pane coronato con pezzi di cipolle dolci fritte, sommacco e pinoli. Nelle subregioni di quest’area si possono apprezzare le diverse confetture di frutta, soprattutto d’Uva, e in particolare nella zona di Betlemme di albicocche.
L’Arak è il liquore tradizionale, ottenuto dal succo d’uva distillato come acquavite, al quale vengono aggiunti grani d’anice.
Le bevande calde che i palestinesi prediligono sono due:
– il caffè alla turca, speziato con cardamomo e di solito senza zucchero, servito al mattino e durante il giorno;
– il tè aromatizzato con salvia, degustato la sera.
Tra i beduini e la maggior parte degli altri arabi di tutta la Palestina, il caffè amaro, noto come gahwah, è simbolo di ospitalità. La bevanda viene servita cerimonialmente in senso orario tra gli ospiti, fatti accomodare secondo l’età e lo status sociale. È ritenuto “educato” accettare solo tre tazze di caffè.