Torna alle stampe il Manuale Teorico Pratico d’ Agricoltura

 

 di Placido Salamone

Ritorna alle stampe dopo oltre centoquarant’ anni il Manuale Teorico Pratico di Agricoltura, la pregevole opera  tecnico scientifica  del Rev. Sac. Gaetano Salamone messa alle stampe la prima volta nel 1870 e  frutto di un meticoloso lavoro condotto dal reverendo per circa due anni finalizzato a fornire ad un pubblico non molto erudito le nozioni basilari di scienze agrarie con un attenzione particolare al distretto di Mistretta. Una ristampa dell’ opera aggiornata e rivisitata in chiave moderna dal Dr. Agr. Benedetto Salamone si era resa necessaria  soprattutto per il grande valore storico ed etno-antropologico del opera e che è possibile acquistare online su:

Ad ogni settore agrario trattato dal reverendo, delle note d’aggiornamento completano l’opera che ritorna ad essere utile, allettante e di facile consulto, in grado di fornire all’agricoltore solerte ed attento delle nozioni di rapida conoscenza. Le scienze agrarie, come tutte le scienze sono sempre un cosmo di continua evoluzione, con nuove teorie, scoperte, ed innovazioni grazie all’opera instancabile di studiosi e ricercatori. Guardare avanti con un occhi al passato per dare continuità alla propria tradizione pastorale ma con l’utilità di chi vive ai giorni nostri. Per questo le note aggiuntive non sono mai troppo erudite ed  offrono delle conoscenze pratiche che possono rendere la lettura più allettante e dei riferimenti più pratici anche per chi non è molto addentrato nel mondo dell’agraria.

Sac. Gaetano Salamone

Introdurre lo studio sui manuali teorico-pratici di agricoltura del Rev. Salamone  significa fare una panoramica del clima politico e sociale un cui queste opere furono redatte.  La Sicilia agricola della seconda metà dell’Ottocento sebbene in maniera tardiva risentiva culturalmente un’influenza di quel progresso culturale già iniziato dal Settecento. Lo confermano le numerose analogie che collegano i manuali de prelato mistrettese con opere come il “Corso di Agricoltura Teorico-Pratico” dell’illustre cattedratico Paolo Balsamo, la cui amicizia con Arthur Young, Robert Bakewel e Sir Humphry Davy oltre ad introdurlo alle più avanzate conoscenze agricole dell’epoca contribuì notevolmente a influenzare il suo pensiero politico, intendendo l’agricoltura in senso moderno, come una scienza che, attraverso l’abolizione di alcune norme protezionistiche, avrebbe potuto aumentare la stabilità economica dei proprietari terrieri (che si sarebbero trasformati in imprenditori) e le condizioni di vita dei contadini.

In verità l’’area geografica dei Nebrodi Occidentali facente capo a Mistretta per tutto il sec. XIX mostrò una vitalità imprenditoriale eccezionale e lo conferma anche il Balsamo nelle “Memorie inedite di pubblica economia ed agricoltura” del 2 gennaio 1808 che così scriveva: <<gli agricoltori di  Mistretta e di qualche altra delle nostre popolazioni pressoché unicamente pastori, non ostante le tanto esagerate di sfavorevoli circostanze dell’arido e caldo clima, con l’economia delle pecore hanno spesso messo insieme quelle riguardevoli fortune che frequentemente non si vedono nelle persone dell’istessa condizione nel continente d’Italia ed altrove>>.

Mistretta (Me)

Da cosa derivava quest’opulenza? Il fenomeno è spiegato con dovizia dal Rev. Salamone che così scriveva <<.In quel tempo, per la peste e altre cause l’Isola era spopolata e più di ⅔ delle terre erano incolte; fu allora che i Mistrettesi uniti in diverse società presero in fitto vari feudi dell’Isola e più di un 1/3 dei feudi di Val di Mazzara; dai guadagni di queste società ne nacque opulenza di varie famiglie, l’ingrandimento di quasi una metà della Città di Mistretta, l’applicazione di regole di una buona intesa pastorizia e per la notevole pratica e abilità dei campieri e fattori Mistrettesi, questi presiedevano all’agricoltura e pastorizia in buona parte della Sicilia”>>.  Un’epoca prosperosa per l’industria agraria e pastorale mistrettese poiché si resero disponibili vaste estensioni di territori, un ridotto insediamento demografico, una forma nuova di conduzione armentizia definita “società”, la quale diede dei profitti economici vantaggiosi. Ma com’era strutturata questa società?  Questa era costituita da un proprietario o padrone che anticipava il capitale in denaro e tutto il materiale occorrente per lo svolgimento dell’attività pastorale e a costui si associavano dei soci detti prezzamara, gli animali che appartenevano ai vari soci erano costituiti da bovini, ovini, caprini ed equini. Ciascun socio doveva concorrere in proporzione a tutte le spese della mandra o pagando gli interessi del capitale al padrone o approntando un capitale proporzionato al numero degli armenti che metteva in società: chi portava 1000 pecore concorreva alla spesa per 1000, chi 100 per 100 e così di seguito. Alla fine dell’anno a conteggi ultimati, gli utili si dividevano in proporzione agli animali che ognuno possedeva lasciando in mano del padrone i capitali necessari per le spese della mandra da dover anticipare nell’anno a venire mentre la restante parte rimaneva di guadagno. Questi capitali impiegati per la mandra consistenti in denaro, frumento, e altri generi erano intitolati colonne della mandra.

mascherone mistrettese

A inizio secolo le più grandi società mistrettesi di armenti furono quelle del barone Ignazio Russo di Capizzi che il sacerdote Salamone epiteta come “patriarca” da cui tutte le altre trassero origine, quella del barone La Motta di Nicosia e del principe Valguarnera, tutte amministrate e dirette da mistrettesi, e altre grandiose quelle di don Gaetano Mastrogiovanni Tasca, di Lo Jacono, di Cannata, di don Francesco Di Salvo e dei Fratelli Salamone. Per dare un’idea si può con certezza riportare che nel 1812 nella sola Val di Mazzara vi erano ventisette mandre di Mistretta con più di 120.000 ovini.   Cessate però nel 1814 le guerre napoleoniche e Re Ferdinando I di Borbone ritornato a Napoli, dopo lo scioglimento del blocco continentale e l’abbandono degli inglesi e riapertosi il commercio con l’estero, i prezzi dei cereali e del bestiame a colpo si abbassarono a meno di un sesto di quanto erano prima e gli affittuari non potendo più pagare quei terreni presi in gabella, dovettero fingersi falliti e ritirarsi da quei siti. Le poche società che rimasero in piedi riuscirono a continuare nella loro attività ed essendo non molte ne trassero grandi vantaggi. A cavallo tra il vecchio Stato borbonico e il nuovo Governo Sabaudo le più grandi mandre di armenti erano delle famiglie Tasca, Allegra, Giaconia, Salamone, Di Salvo Pollineo e Lipari. La società mistrettese rappresentò un’interessante novità nel mondo dell’economia e non è un caso che divenne oggetto di studio per molti economisti che identificano con la dicitura “contratto alla mistrettese”, come cita Salvatore Pagliaro Bordone in “Mistretta antica e moderna- 1902” << l’associazione di più persone nel fitto di un ex feudo, ovvero di qualche altro negozio, costruendo ciascuno per la sua tangente più o meno di quella di un altro socio e dividendosi i guadagni o le perdite secondo a porzione pecuniaria, ossia il tempo del lavoro impiegato da alcuni compagni>>. Dopo il 1830, essendo venuto meno il rapporto di fiducia che legava i diversi soci, si escogitarono altre forme sociali quali ad esempio “le società, dette a spese sapute” cioè chi voleva mantenere 100 pecore o capre, secondo i tempi ed i luoghi, doveva pagare 30 onze circa e poteva allevare 25 agnelli. Alla file dell’anno prendeva tutto il cacio, le ricotte, la lana, e gli agnelli che producevano le suddette pecore e vendeva, per suo conto, le pecore vecchie ed i castrati.; il sistema delle” pecore e capre per il frutto”; dove il padrone principale della mandria riceveva otto onze ed il latte; al padrone delle pecore o capre tutti gli altri prodotti ed in fine quello del “bestiame tenuto a fida”consistente nel pagare al padrone principale una data somma per ogni animale, a condizione dì pascolare detti animali fidati. in quei luoghi ove pascolano gli animali del padrone principale.  Se questo retaggio culturale illustre influenzò certamente la formazione delle generazioni successive altre ragioni, vanno spiegate per comprendere a pieno il clima che si respirava alla vigilia della redazione dei già citati manuali di agricoltura. Con la salita al trono di Ferdinando II di Borbone nel 1831 si ebbe un nuovo impulso alla ricerca scientifica in agricoltura, vennero, infatti, istituite nelle province del Regno le Commissioni di Agricoltura e Pastorizia dirette da eminenti studiosi i cui lavori ebbero ben presto le stampe. Nel 1855 si tenne l’Esposizione Universale di Parigi. Questa rassegna internazionale era un’ottima vetrina per i paesi partecipanti, avendo questi la possibilità di mostrare le proprie capacità produttive al mondo che contava. Si costituirono pertanto i comitati promotori circondariali e quello di Mistretta fu presieduto dal Barone Giuseppe Salamone coadiuvato dal Barone Giovanni Russo, il Cav. Croce Melia, il barone Giovanni Sergio, Don Girolamo Larcan e Don Ignazio Di Giorgio. Cinque anni più tardi il Regno delle Due Sicilie sarà brutalmente travolto dalla rivoluzione garibaldina.  Nel 1860 a Mistretta regnava il malcontento generale. Mentre l’aristocrazia si era defilata dalla gestione della cosa pubblica in previsione di inserirsi nel nuovo ordine, i contadini intravedevano nella rivoluzione la speranza di ottenere, finalmente, la terra e quindi l’indipendenza economica tanto agognata. Si profilava quell’aspetto politico e sociale importante della questione agraria e contadina. Dal momento in cui Garibaldi sbarcò a Marsala la situazione dell’ordine pubblico, a Mistretta, si fece alquanto preoccupante. Avvennero numerosi disordini. Il 17 agosto 1860, la festa del santo patrono degenerò in un tumulto. Qualcuno attentò alla vita del barone De Carcamo già presidente del comitato provvisorio e Governatore del distretto. Le fasi successive, furono un susseguirsi di consigli comunali, ora per discutere sull’elenco degli indigenti ora sulle terre pervenute al Comune dopo lo scioglimento delle promiscuità da individuale per la ripartizione ora sul problema della quotizzazione, la questione agraria non trova comunque uno sbocco e il problema rimase isoluto ancora per molto tempo.

Comunque nel 1866 con Regio Decreto 3452 del 23 dicembre il nuovo governo italiano ordinava l’istituzione in ogni capoluogo di circondario di “Comizi agrari” al fine di presentare al Governo le innovazioni di ordine generale e locale che si consideravano in grado di migliorare le sorti dell’agricoltura, raccogliere per esso le notizie che fossero richieste nell’interesse dell’agricoltura, fare opera di informazione tra i contadini per diffondere le coltivazioni migliori, i metodi più adatti alla coltivazione, gli strumenti più moderni e perfezionati, promuovendo esposizioni e concorsi di macchine e strumenti agricoli, infine controllare che fossero rispettate le norme di igiene sanitaria. Nel Comizio Agrario di Mistretta sorto per interessamento dell’Avv., Gaetano Giordano fu eletto a presiedere l’avv. don Filafelfio Russo che mostrò da subito un’encomiabile vitalità. L’impegno prioritario del Comizio, come scrivere il sacerdote Salamone, era di “ rendere utile ai nostri contadini e pastori, onde muoverli a migliorare lo stato abbiettissimo di nostra agricoltura” ma senza accorgersene lasciò tramite i manuali di agricoltura un contributo non indifferente alle scienze agrarie in tutte le sue branche e agli studi etno-antropologici di questo vasto comprensorio.  Le informazioni che da essi si possono attingere oltre che avere in parte un’utilità reale ancora oggi, costituisco un patrimonio di informazioni inestimabile sulle consuetudini agricole e silvopastorali del territorio nebroideo. Del resto anche se non riporta nel testo disegni e illustrazioni il sacerdote da erudito scrive e parla di agricoltura e di zootecnia con parole molto semplici, descrivendo tutto quello che vede e osserva nelle campagne. I lavori preparatori dell’opera durati due anni furono pubblicati dal Rev. Salamone in due volumi a distanza di pochi anni; in particolare, la prima parte del lavoro, composta di circa 180 pagine, fu data alle stampe nel 1870, presso la locale tipografia comunale, col titolo “Manuale teoricopratico di Agricoltura”; la seconda parte, composta di circa 270 pagine, fu pubblicata nel 1872, presso la tipografia diretta da G. Mauro, dal titolo“Manuale teorico-pratico d’Agricoltura e Pastorizia”. Ognuno dei due volumi si presenta suddiviso in dodici trattati composti a loro volta da parecchi paragrafi. La finalità odierna di una ristampa di tali opere è duplice, la riscoperta di antiche pratiche agronomiche che oggi definiremmo ecosostenibili colmando tramite note aggiuntive tutte le lacune cognitive sulla scienza agraria che il sacerdote data l’epoca in cui visse non poteva possedere, quindi aggiornare e rendere le opere di uso pratico oltre che di valore storico-scientifico. Secondo dare un nuovo impulso agli studi agronomici in aree geograficamente svantaggiate.

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