Sicilian Food Experience – Pasqua in Sicilia

 

 

I dolci siciliani: il trionfo delle tavole pasquali

 

La Festa dei Morti in Sicilia

La “Festa dei Morti” in Sicilia è una ricorrenza molto sentita, risalente al X secolo, viene celebrata il 2 novembre per commemorare i defunti. Si narra che anticamente nella notte tra l’1 ed il 2 novembre i defunti visitassero i cari ancora in vita portando ai bambini dei doni. Oggi questi doni vengono acquistati dai genitori e dai parenti nelle tradizionali “fiere“, che si svolgono in molte parti della Sicilia. Qui vi si trovano bancarelle di giocattoli e oggetti vari da donare ai bambini, che vengono poi nascosti in casa e trovati da quest’ultimi, al mattino presto, con una sorta di caccia al tesoro. Oltre a giocattoli di ogni sorta, esiste l’usanza di regalare scarpe nuove, talvolta piene di dolcetti, come i particolari biscotti tipici di questa festa: i crozzi ‘i mottu (ossa di morto) o i pupatelli ripieni di mandorle tostate, i taralli ciambelle rivestite di glassa zuccherata, i nucatoli e i Tetù bianchi e marroni, i primi velati di zucchero, i secondi di polvere di cacao. Frutta secca e cioccolatini, accompagnano ‘U Cannistru‘, un cesto ricolmo di primizie di stagione, frutta secca altri dolciumi come la frutta di martorana ei Pupi ri zuccaru statuette di zucchero dipinte, ritraenti figure tradizionali come i Paladini. Tradizione esclusivamente palermitana, vengono chiamati “pupi a cena” o “pupaccena”, per via di una leggenda che narra di un nobile arabo caduto in miseria, che li offrì ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo prelibato. In alcune parti della sicilia viene preparata la muffoletta, pagnottella calda appena sfornata “cunzata“, la mattina nel giorno della commemorazione dei defunti, con olio, sale, pepe e origano, filetti di acciuga sott’olio e qualche fettina di formaggio primosale.
La giornata prosegue con la visita al cimitero dove riposano i loro defunti più vicini e più cari. In questi giorni e precisamente il 31 ottobre, vigilia della festa di Tutti i Santi, si celebra la festa di Halloween. Festa popolare di tipo pagano, importata dall’America, in cui sin dal tardo pomeriggio e fino a notte fonda i ragazzini organizzano party, balli e gare, indossano maschere macabre e mostruose e vanno in giro con cestini chiedendo dolcetti ai vicini di casa che usano lasciare cibo e doni fuori, sulle porte, o cestini ricchi di prelibatezze collocate, non fuori, ma all’interno delle abitazioni. Sempre per le anime dei defunti si intagliano delle rape per introdurvi candele illuminate. La zucca, contiene dei semi, e per questo si ricollega ad un significato di abbondanza e fertilità, e viene utilizzata per allontanare le anime dei morti. Tali usanze sopravvivono in alcune località della Sicilia, dove i “morti” sono soliti uscire durante la loro festa e compiendo dei percorsi antichi donare regali ai bambini. Ad Erice, i defunti escono dalla Chiesa dei Cappuccini, a Cianciana in provincia di Agrigento, escono dal Convento di S. Antonino dei Riformati; a Partinico, presso Palermo, indossano un lenzuolo e, a piedi scalzi recando una torcia accesa e recitando litanie, percorrono alcune strade cittadine. Anche nel catanese, e per la precisione ad Acireale, durante la ricorrenza dei morti si usa che girino per la città indossando un lenzuolo funebre, e rubando i doni ai venditori per poi darli ai bambini.

Palermo e lo Street Food

Molti aspetti di Palermo non sono comprensibili per chi non è palermitano. Ma spesso anche agli occhi dei palermitani la città ha dei lati oscuri ed inspiegabili. Eppure c’è una chiave di lettura per tutto: la millenaria storia della città, con le sue grandezze, le sue miserie e le sue numerose contraddizioni. Una maniera per conoscere questa splendida città mediterranea e quello di scoprire il suo famoso cibo di strada.

Di street food sentiamo parlare ogni giorno. È diventato una moda, food-truck e ristoranti pop-up da strada spuntano come funghi in città e paesini, molti cercano in realtà di proporre una cucina stellata pret-à-manger. Ma lo street-food di Palermo è unico nel suo genere, perché nato molto, molto tempo fa, preparato al piano terra delle abitazioni utilizzando gli avanzi dei pasti fastosi dei ricchi, oggi è rimasto prepotente a testimoniare una storia di secoli fatta di dominatori, usanze e ingredienti locali grazie alla quale chi lo assaggia, che sia un siciliano o un turista, si connette appieno con il patrimonio culturale della Sicilia.

Scopriamolo insieme con questo video:

Sebbene incompleta questa presentazione riassume alcune delle più rappresentative espressioni dello street food palermitano dove un posto particolare occupa il pane ca meusa (o mieusa, in italiano milza)  ossia un composto di frattaglie di vitello rosolate nella sugna, poi usati per farcire un pane con semi di sesamo. Può essere servito da solo, condito con limone o con caciocavallo. E’ una specialità risalente al Medioevo, quando al consumo di carne da parte della nobiltà corrispondeva un uso degli scarti – le interiora – da parte della popolazione più povera.

Le panelle sono un’altra specialità palermitana. Sono in sostanza delle frittelle di farina di ceci ottime condite con sale e limone e mangiate da sole, ma anche quando sono servite dentro a un panino col sesamo – chiamato mafalda o muffuletta. Anche le panelle, come tante altre pietanze della tradizione siciliana, sono un’eredità della dominazione araba. La rascatura è l’emblema del concetto di street food: sono gli avanzi che vengono raschiati (rascato) dalle pentole dove sono state precedentemente cotte panelle e crocchè, in porzioni estremamente variabili dunque, fino a a formare una massa unica che viene poi tagliata a pezzetti e fritta. Il concetto è quello di non buttare via proprio nulla.

Abbiamo poi la  frittula, o frittola, costituita da una preparazione speciale degli scarti di vitello, che vengono lavorati meccanicamente, poi bolliti ad alte temperature e liofilizzati con l’aggiunta di spezie. Il frittularu fa rinvenire il composto così ottenuto friggendolo con lo strutto e lo ripone poi in un cesto di vimini – panaru – coperto da uno straccio, per creare “mistero” (e per mantenere al caldo la frittola) in quanto ogni ricetta è diversa e segreta.

Le protagoniste d’ eccezioni rimangono comunque le arancine arrivate nella gastronomia siciliana durante la dominazione araba, per diventare poi uno dei cibi più amati dai locali, per ovvi motivi. Mi raccomando, per descriverle usate il femminile: la forma infatti, secondo l’etnografo Gaetano Basile, richiama la forma del frutto, l’arancia, e non dell’albero, l’arancio.

Non può mancare in questo elenco lo sfincione ossia una maxi-focaccia utilizzata in passato come sostituto del pane nelle occasioni importanti. Viene arricchita con cipolle, acciughe, pomodoro, origano e caciocavallo.

Per il Festino d Santa Rosalia è tradizione mangiare le babbaluci. Si tratta di chioccioline soffritte in olio e aglio e condite con pepe e prezzemolo, servite in cartocci da passeggio. Colui che prepara questa specialità di street food per i passanti viene chiamato babbaluciaro.

L’ Antico Calzone Siciliano

Cari amici. Quella che vi propongo è una ricetta particolare. L’antico calzone siciliano è una specialità gastronomica oggi andata in disuso e lontano dal calzone comunemente noto nel quale una farcitura di vario genere viene racchiusa in un involucro di pasta lievitata, e riempita con formaggio pomodoro e prosciutto.

La particolarità comincia dal tipo di farina, rigorosamente di grano duro e dalla eccezionale presenza delle melanzane fritte e della mollica che rendono tipicamente siciliano questo piatto di cui  sconosce l’originie ma che comunque si collega alla illustre tradizione gastronomica napoletana.

Moltissime le varianti anche con salsiccia e spinaci. I consiglio vivamente di provare  e per questo abbiamo preparato per voi questa video ricetta che vi invito a seguire

 

 Il Pizzolo Sortinese

Continua il nostro viaggio nello street food siciliano questa volta approdando a Sortino, in provinci di Siragusa per presentarvi il pizzolo sortinese. Una sorta di pizza ripiena, tonda e condita con olio extravergine d’oliva, origano, pepe, formaggio, timo o origano e sale e farcita al suo interno con i ripieni più vari.

Il nome deriva da “pizzòlu”, grossa pietra piatta di forma ovoidale che – secondo gli storici locali – richiamerebbe la concezione greca della “ciclicità della vita”. Fatto che legherebbe il pizzolo alle focacce rituali così diffuse in epoca greco-romana. Ma il pizzolo nel corso dei secoli si è affermato come tipico pane contadino, piatto povero che veniva farcito con quel poco che si riusciva a trovare: veniva cotto su queste grosse pietre arroventate, mentre oggi viene utilizzato prevalentemente il forno a legna. Il diametro, invece è sempre quello: circa 20 cm. Un tempo veniva preparato con gli avanzi della preparazione del pane: a metà cottura veniva spaccato in due e farcito con peperoni arrostiti o melanzane grigliate, per poi completare la cottura sempre in forno. Come erba aromatica, tradizionalmente, si privilegia il timo dei Monti Iblei.

Il pizzolo si prepara con farina bianca, farina integrale, acqua, lievito e sale. Niente olio o strutto, quindi. Una volta preparato l’impasto, la lievitazione dura circa tre ore e mezza. A questo punto si stende l’impasto e si cuoce in forno. Il pizzolo va quindi tagliato in due, farcito a piacere e messo nuovamente in forno (così il formaggio all’interno si scioglierà e tutti i sapori della farcia risulteranno ben amalgamati fra loro). Per la versione salata, prima di infornare questa seconda volta, nella parte superiore si aggiungono grana grattugiato e timo oltre a una spennellata d’olio extravergine d’oliva.

Buon appetito!

 

 

Il Pidone Messinese

Cari Amici! Continua il nostro viaggio nello street food siciliano. Rimaniamo ancora a Messina per parlarvi di un altro rustico tipico della città, il pidone o piduni  dall forma a mezza luna, simile al calzone. Le sue origini sono risalenti al XIX° sec. e mostra una certa familiarità con la pizza siciliana alla catanese di cui vi parleremo presto.

Nella ricetta originale viene condito con indivia riccia (scarola), tuma, acciughe sotto sale e pepe, sia fritto che al forno (con impasto diverso). Sempre secondo tradizione la pasta non va lievitata, sebbene in questa ricetta il lievito viene comunque messo per dare morbidezza alla pasta e rendere il pidone meglio digeribile. Non è previsto il pomodoro o altri ingredienti come il prosciutto che troverete  invece nel calzone.

I pidoni, insieme agli arancini ed alla focaccia, sono un pilastro della rosticceria messinese. La sua forma a mezza luna ricorda il calzone o i panzerotti, ma la sua è una pasta morbida all’interno.
Il classico pidone è rigorosamente fritto, ma oggi non vi meravigliate se  lo trovate nelle rosticcerie messinesi anche cotto al forno.

Volete provare a farlo? Seguite questa videoricetta. Buona visione!!

 

La Focaccia Messinese

Cari amici!

Eccoci ad un nuovo appuntamento sulla pagina dello street food siciliano  Questa volta voglio parlarvi della focaccia messinese che è una specialità tipica della gastronomia di Messina e della sua provincia.

Una ricetta facile e siciliana a  cominciare da  tutti i suoi ingredienti. Per questa ragione   vi invito a  seguire il mio tutorial realizzato secondo la ricetta dell’antica tradizione ,a partire dalla scelta accurata degli ingredienti, dalla farina di grano duro “varità senatore cappelli” al pomodoro tondo siciliano a pezzi, alla scalora riccia ecc.

La caratteristica di questa focaccia sta nell’ impasto alto, soffice, che si cucina in forno a legna in grandi teglie, tradizionalmente viene condita con scarola, pomodoro a pezzi e formaggio pecorino primo sale o tuma costituendo insieme al pitone il rappresentativo cibo di strada messinese. Si ritiene che le origini della focaccia, risalgano a prima del Novecento; inizialmente, si pensa che la ricetta originaria non prevedesse l’uso del pomodoro. Fu però solo con l’inizio del Secondo dopoguerra che iniziarono le prime documentazioni certe, da parte dei primi panificatori messinesi, dell’esistenza della focaccia, nella forma in cui è conosciuta oggi.

Il prodotto è comunemente presente in tutti i panifici e le rosticcerie di Messina, mentre la sua preparazione è molto meno diffusa nei comuni della provincia. In realtà, la focaccia alla messinese si è diffusa un po’ in tutta la Sicilia orientale, ma la ricetta si discosta parecchio dal suo progenitore. Nella zona dei Nebrodi, ad esempio, in luogo della tuma  viene spesso utilizzata la provola locale, che costituisce un Presidio Slow Food

 

La   “Scacciata” Siciliana

Cari Amici

Per il nostro primo appuntamento non potevamo che iniziare con la schiacciata siciliana detta anche  scacciata. In Sicilia , ad onor del vero questo  piatto assume tanti nomi, come  cuddura ,’mpanata, o scaccia. E’ un prodotto da forno artigianale tipico , a base di pane, broccoli, cavolfiori o patate, formaggio tuma pecorino  o caciocavallo e olive nere.  Un piatto unico invernale, simile al calzone molto conosciuto e apprezzato nelle regioni meridionali italiane, soprattutto per la sua fragranza e genuinità, il simbolo di tante feste isolane ed anche di semplici armonie familiari soprattutto in periodo natalizio,  un capolavoro della cucina siciliana, molto imitato e commercializzato in molte varianti culinarie.

Per illustriarvi le diverse fasi di preparazione della schiacciata abbiamo preparato per voi una video ricetta che vi invitamo a visionare. Vi assicuro che preparare la schiacciata oltre che facile è anche divertente e l’ effetto di colori di tutti gli ingredienti vi stupirà.

Non voglio aggiungere altro e vi auguro una buona visione!