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I SAPORI DI MARIO

PASTA FRESCA DI CASTAGNE CON CRUDO DEI NEBRODI

Eccoci finalmente al primo appuntamento con lo chef Mario Di Vita e la sua fantasiosa e gustosissima cucina. Coaudiuvato da un un team d’ eccezione il nostro l’ eclettico chef alesino dalle cucine del Tus’ Hotel**** ci augurerà buone feste con una ricetta particolarissima dal sapore antico ma rivisitata ed impreziosita da un proverbiale tocco di oraginalità.

Ci preparerà quindi “PASTA FRESCA DI CASTAGNE CON CRUDO DEI NEBRODI”

INGREDIENTI: – castagne – 500 gr – farina integrale di di Castagne 200 gr – farina di mais 300 gr – burro spezziato 100 gr – prosciutto crudo dei Nebrodi 200 grpepe nero q.b. – olio extravergine d’oliva q.b.

Protagonista della nostra ricetta, la castagna locale, raccolta sui Monti Nebrodi e lavorata e trasformata in farina integrale nel laboratorio alimentare della Casaleni Natural Bio che da tempo opera nella valorizzazione di questo eccezionale frutto dai molteplici utilizzi.

Per realizzare queta ricetta è quindi importante avere 200 gr fi farina integrale di castagne, e 500 gr di castagne intere che andremo a immergere in acqua fredda per 2 ore e poi cuocere fino ad ebollizione con l’ aggiunta di un filo d’olio. Questi passaggi sono essenziali al fine di selezionare e scartare le castagne non buone che affioreranno a galla e consentirà di eliminare l’involucro e la pelle del frutto senza alcuna difficoltà. Una volte pulite andremo a raccogliere e scolare la polpa di castagne aspettando che si raffreddi.

La farina integrale di castagne invece l’andremo a miscelare con 300 gr di farina di mais in proporzione leggermente superiore quindi e una volta aggiunte quattro uova iniziamo a lavorare l’impasto fino a renderlo morbido ed elastico. Con una manualità straordinaria e con strumenti elementari di comunissimo impiego casalingo, il nostro Mario prepara il tutto, a comprova che serve veramente poco per realizzare questo piatto.

Una volta che la pasta fresca è pronta passiamo quindi ai fornelli e mentre l’ acqua bolle lo chef prepara il nostro saporitissimo condimento realizzando prima una crema aromazizzata a base di burro ed aggiungendo a pezzetti del prosciutto crudo dei Nebrodi di provenienza rigorosamente locale data la tradizione norcina di Tusa, che andremo a rosolare in padella. Un passaggio di pochi minuti poichè andremo subito a d aggiungere la polpa di castagne precedentemete lessate con un pizzico di pepe nero ed un filo di olio extravergine d’oliva. Mentre il composto si amalgama con po di acqua di cottuta e la polpa di castagne si sfarina rilasciando tutta la sua cremosità, Mario cala la pasta che data la freschezza rimarrà in acqua per solo un paio minuti.

Sarà la maestria di Mario a completare il tutto e rendere questo piatto in capolavoro di gusto che potremo completare con dl buon formaggio canestrato sempre di manifattura tusana

Se ti interessa sapere di più sulla farina di castagne leggi anche:

La “Musica riaccende i luoghi”, una proposta per rilanciare il turismo dell’Halaesa.

di Letizia Passarello

La ” Musica riaccende i luoghi”. E’ questa una delle proposte di maggior successo del comune di Castel di Lucio in provincia di Messina, che Maria Cristina Stimolo, dirigente regionale che si occupa di Cooperazione territoriale ed Europea del programma Italia – Malta, intende rilanciare nel territorio della Valle dell’Halaesa. Questo territorio è conosciuto soprattutto per la bellezza degli scavi archeologici del sito del comune di Tusa, ma diventa un fattore trainante anche per tutti i paesi che gravitano su di esso: Pettineo, Mistretta, Castel di Lucio, Motta D’Affermo e non ultima la cittadina di Santo Stefano di Camastra, conosciuta nel mondo per la straordinaria produzione di splendide ceramiche.

Castel di Lucio (Me)

La musica diventerebbe il fattore trainante e di richiamo per il turista colto e curioso, che “nelle note”, troverebbe la motivazione per visitare antichi borghi, fuori dai circuiti turistici tradizionali. Nel 2019, sotto la direzione artistica del maestro Pippo Nobile, si è tenuta la prima edizione, che ha riscosso grandissimo successo, in quanto proponeva antiche serenate nei luoghi più ameni di Castel Di Lucio, seguite da degustazioni degli ottimi prodotti locali. Il cibo che si lega alla cultura è sempre un binomio vincente.  Maria Cristina Stimolo, che in passato ha ricoperto il ruolo di dirigente generale del Dipartimento Affari regionali della Regione Siciliana a Bruxelles, ha origini castelluccesi ed è profondamente innamorata del territorio di Castel di Lucio, tanto, appunto, da proporne il rilancio turistico con iniziative di grande spessore culturale. “Nel 2022 vorremmo istituzionalizzare i circuiti musicali, coinvolgendo anche le bande locali, ad esempio quella di Castel di Lucio che conta circa 50 orchestrali di gran livello – ci spiega la dottoressa Stimolo -. Nel 2020 è stato messo in cantiere un concerto dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania, che si è svolto nell’artistico scenario del complesso monumentale del Santissimo Salvatore a Castel di Lucio, e si spera che sia solo il primo dei numerosi concerti che andremo a proporre”. L’iniziativa della “Musica riaccende i luoghi” prevede, infatti, una serie di concerti itineranti che raccolgano la magia di tutti i comuni della Valle dell’Halaesa, in modo da dare al visitatore la possibilità di visitare borghi, che altrimenti risulterebbero sconosciuti.”I paesi dell’Halaesa – conclude la dottoressa Stimolo – racchiudono bellezze indescrivibili, sia per la possibilità di fare passeggiate naturalistiche nei suoi boschi, per la salubrità dell’aria, per le tradizioni, che purtroppo, per molto tempo, sono rimaste nel dimenticatoio.

ll maestro d’orchestra Fabrizio Carminati ed i ragazzi che suonano, per le festività più importanti, le campane della chiesa Madre di Castel di Lucio , un’arte che il
Maestro Carminati raccomanda di conservare e trasmettere

E’ il momento di farle rivivere, ma soprattutto nel buon cibo. A tal proposito, negli anni sono nati laboratori conservieri, che realizzano antiche ricette gastronomiche con prodotti freschissimi e a km zero”. Da circa sei anni, Maria Cristina Stimolo, ha ristrutturato un antico casale di famiglia, dove accoglie anche personaggi famosi del modo della cultura, della musica  e dello spettacolo, proprio per mostrare loro le bellezze naturalistiche locali. Tra gli ospiti cui il direttore d’orchestra Gianna Fratta con il marito Piero Pelù che hanno avuto il piacere di bere l’acqua direttamente alla fonte, di assistere alle fasi della lavorazione del pane realizzato a mano n’ta maidda e poi gustarne la fragranza appena tolto dal forno, assaggiare il caciocavallo locale ed altro.

Ogni momento in questi luoghi incantati può portare alla luce emozioni assopite, come ha affermato anche il maestro Carminati del teatro Massimo Bellini di Catania. Anche il suono delle campane, maneggiate ad un ritmo musicale risulta coivolgente.  Intanto a Castel di Lucio il 26 27 e 28 Dicembre verrà riproposta la Natività di Gesù ed i figuranti vestiranno preziosi costumi di epoche passate, in grado di fare sognare gli astanti.    

Ad Amiens Esperti internazionali per presentare gli scavi dell’Halaesa

di LETIZIA PASSARELLO

Una cena di gala presso l’Istituto Cheope di Parigi, ha concluso la due giorni del convegno di Archeologia dell’Università di Amiens a cui ha partecipato una delegazione italiana, recatasi nella cittadina francese per esporre i risultati degli scavi archeologici del sito dell’Halaesa nel comune di Tusa in provincia di Messina. Al convegno erano presenti anche moltissimi esponenti della comunità scientifica internazionale.La delegazione siciliana era guidata dall’Assessore Regionale ai Beni Culturali e All’Identità Siciliana, Alberto Samonà, dal vice sindaco di Tusa, Angelo Tudisca, dal direttore del Parco Archeologico di Tindari di cui l’Halaesa fa parte, Mimmo Targia e dal Soprintendente di Messina, Rocco Burgio e Mirella Vinci. Tra gli altri, Lorenzo Campagna e Maria Angela Puglisi, dell’Università di Messina, Jonathan Prag dell’Università di Oxford, Aurelio Burgio e Massimo Limoncelli, docenti all’Università di Palermo, Theo Martin, Hugo Perrette e Sandrine Mouny dell’Università di Amiens, Federico Caruso del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana della Sorbonne Universitè, Filipe Ferreira, Università di Marsiglia, Marco Materazzi dell’Università di Camerino, Rosina Leone dell’Università di Torino e Alessio Toscano Raffa del CNR di Catania. Splendida padrona di casa e organizzatrice dell’evento, la professoressa Michela Costanzi. 

Presente la convegno l’ Avv. Angelo Tudisca in rappresentanza del Comune di Tusa
La professoressa Michela Costanzi

“Questi due giorni di convegno – ha dichiarato la professoressa Costanzi – avevano un duplice scopo, in primo luogo fare il punto sugli ultimi risultati delle ricerche archeologiche e dei vari studi degli esperti che lavorano ad Halaesa e nel Parco di Tindari e nello stesso tempo creare un momento di scambio e di dialogo con le istituzioni che sono il quadro da cui i nostri lavori prendono inizio e aumentano il loro valore. Credo che i due scopi siano stati raggiunti. “Abbiamo illustrato ad Amiens un nuovo metodo di lavoro nella gestione dei parchi archeologici  – ha dichiarato, invece, MimmoTargia- in cui è previsto un workshop alla fine dei lavori, che illustri gli stati di avanzamento e le scoperte effettuate. Reputo l’incontro tra esperti fondamentale perchè confermano la volontà della direzione di fare sistema e in più si ha una diversificazione delle competenze professionali, che può solo arricchire in termini culturali. Ad Amiens siamo andati soprattutto – conclude l’architetto Targia – per far

Dr. Arch. Domenico Targia

conoscere la scoperta del “Muro di Parados” e dell’Analemma”, che confermano che nel sito di Halaesa  esiste il teatro, adesso dobbiamo solo riprendere gli scavi per farlo emergere”.  A conclusione dei lavori, l’intervento del vice sindaco di Tusa, Angelo Tudisca, che ha ribadito con forza, non solo l’importanza in termini sia culturali che turistici che un sito come l’Halaesa ha insito nelle sue potenzialità, ma anche l’importanza di amministrare facendo rete tra le istituzioni che permettono di ottenere risultati ottimali applicando i principi di efficienza, efficacia ed economicità per una amministrazione come quella di Tusa, guidata oggi dal sindaco Luigi Miceli, che dal 2015 si fa carico di ospitare archeologi e studenti dell’Università di Amiens e di altri prestigiosi atenei come quello di Camerino, tanto per citarne due tra i più importanti”.  L’avvocato Tudisca, per l’occasione, ha comunicato di aver ottenuto un finanziamento per la realizzazione della “Casa dell’Artista”

ARRIVA “I SAPORI DI MARIO”

DAL CONNUBIO CON LO CHEF MARIO DI VITA, A DICEMBRE IN USCITA IL NUOVO FORMAT DELLA TORRE DEL GUSTO DEDICATO AGLI AMANTI DELLA CUCINA

Una novità assoluta attende in questo mese di Dicembre gli appassionati di cucina. Dal connubio tra il celeberrimo chef alesino Mario Di Vita e la Casaleni Natural Bio, nasce infatti  il nuovo format digitale made in Torre del Gusto, “I Sapori di Mario” che verrà  condotto dalla nota giornalista Letizia Passarello.

 Dalle cucine del Tus’Hotel**** di Castel di Tusa lo chef Di Vita darà sfogo alla propria creatività  facendo rivivere i piatti della cultura gastronomica della Valle dell’Halaesa, abbracciando le ricette di terra ma anche quelle di mare dove è la materia prima di qualità a fare la differenza. Ospiti d’ eccezione, collegamenti, approfondimenti con professionisti di settore in queste sei prime puntate per adesso programmate.

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COSA SAPETE DELL’OLIVA GIARRAFFA?

Si narra nelle cronache medievali come alla corte delle famiglie feudali di Sicilia, dentro palazzi e castelli, agli ospiti in transito fosse offerto una strana focaccia chiamata vastedda o del  pane nero di tumilia,  abbrustolito e condito con olio e olive nere giarraffa, riscaldato in grandi bracieri di rame e di terracotta, utilizzati per riscaldare gli ambienti e rendere più appetitosi alcuni cibi, dalle uova, alle cipolle, alle olive stesse. Per questa ragione da secoli gli uliveti di alberi di giarraffa sono stati considerati un bene strettamente padronale e le olive ad uso e consumo della magione patrizia.

Questo è dovuto all’ alto pregio di quest’olio, fruttato leggero, da sentori di mandorla, di carciofo e di foglie di pomodoro, e quindi indicato per condire in maniera eccellente le insalate. Tra l’altro per una sensazione di dolce, che si accompagna ad un leggero, piccante e amaro e per l’uso, crudo, per il pesce, ed anche per rendere più appetitose le focacce.

Nessuno può dire chi introdusse per primo questa cultivar. Certamente sappiamo che i Greci portarono questa varietà nell’ Isola e ne favorirono la coltivazione, al punto da punire con sanzioni pesanti coloro che li estirpavano senza giusta causa.

La pianta, in ogni modo, grazie alla sua capacità di rigenerarsi dalla “ceppaia”, sembrava portata alla diffusione ed all’immortalità, anche quando le ricorrenti crisi l’hanno, specie in certi periodi della storia delle dominazioni, trascurata.

I Romani, in ogni modo, a prescindere dalle origini delle piante e dei frutti, amarono l’olio di questa pianta al pari del grano, appunto per le caratteristiche organolettiche e autori come Catone e Columella, scrissero volumi sulla coltivazione degli oliveti e su come realizzare l’olio migliore avendo come riferimento essenzialmente questa pianta. I monaci benedettini e i Cistercensi portarono poi importanti innovazioni e favorirono la diffusione dei frantoi ed i Normanni e gli Svevi svilupparono in Sicilia la coltivazione degli ulivi.

In verità dobbiamo aspettare il XIX° secolo per avere dei dati scientifici su questa cultivar. Sarà infatti Sac. Gaetano Salamone del Manuale Teorico Pratico di Agricoltura nel 1870 a fare chiarezza riguardo a queste sottovarietà. Il prelato classifica le olive di varietà giarraffa come ovali ovvero bislunghe notando come a sua volta esse possano a sua volta distinguersi di tre tipologie, ovali ossia “lungarine” con l’acume dritto, ovali con l’ acume tortuoso (a becco d’uccello)  e ovali senza acume.

L’oliva “giarraffa”, continua il prelato, è mediamente più, grossa rispetto all’oliva “comune” dando per certo che per comune intendesse l’oliva santagatese, in gergo “rizza”. Essa si presta come oliva da olio, da mensa e in salamoia e rientra nella categoria dell’oliva ovale con acume “pizzu” dritto. A sua volta identifica una varietà più piccola che cataloga come “giarraffedda”. Dalla forma ovale e dall’ acume rotondo, oggi identifichiamo questa oliva come ogliarola messinese. Ottima oliva da olio che a giusta invaiatura produce un extravergine dolce e delicato. Esiste poi una terza sottovarietà, di grosse dimensioni, ovale ma dall’ acume tortuoso e dalla forma di becco di uccello che comunemente era nota come oliva “cefalutana o puddinisa”, poiché  diffusa prevalentemente in queste aree. Ottime olive nere da tavola, tardive rispetto alla giarraffa tradizionale ma dal sapore dolcissimo.

Al di là della corretta classificazione, salta in evidenza le grandi potenzialità di questa oliva diffusissima in vasto areale che va dal fiume Himera al fiume Haleso. La dolcezza rimane il punto di forza, pertanto si ottiene un ottima pasta da patè senza utilizzo eccessivo di correttori di acidità ne di amarosticità. La produzione selezionata di questa varietà di olive nere può trovare impiego nella ristorazione di cui si fa largo impiego in molte ricette tipiche meridionali e soprattutto come oliva per pizza.

farine senza glutine – Quali sono?

Esiste una grande confusione in merito alle farine senza glutine permesse in una dieta gluten free.

Noi abbiamo individuato dodici farine alternative ottime per dolci, pane e pizza!

Attraverso un’attenta analisi possiamo dimostrare come esistono sostanziali confusioni in merito, che spingono il consumatore bisognoso verso acquisti onerosi e sbagliati.

Qui di seguito vi mostriamo un elenco di farine gluten free sicure al 100% e di seguito la lista delle farine proibite. Vi accorgerete come farine largamente impiegate e consigliate come la farina di kamut siano in verità inadatte poichè certamente glutinose anche se a basso contenuto, mentre farine oggi in disuso come quella di castagne o di ceci o di grano saraceno possono èssere dei validi sostituti alle farine da frumento.

Ricordate sempre che anche le farine naturalmente senza glutine possono essere soggette al rischio di contaminazione incrociata durante la lavorazione e il confezionamento: assicuratevi quindi che sul sacchetto o la scatola vi sia il simbolo della spiga barrata o il claim “senza glutine”!

FARINE SENZA GLUTINE OTTENUTE DA CEREALI

Farina di mais: farina ottenuta dalla macinazione del chicco del granturco, in Italia conosciuta soprattutto per la preparazione tradizionale della polenta. Dal sapore dolce e rustico, si trova in tante varietà (bramata, fioretto, mais bianco, ecc), dona friabilità agli impasti ed è ottima miscelata ad altre farine gluten free per preparare pani, pizze e dolci.

Farina di miglio: risultato della macinazione di diverse varietà dei chicchi di questa pianta, classificata come cereale minore. Questa farina è molto ricca di vitamina A e B, ha un sapore delicato e viene utilizzata nei dolci umidi come il banana bread, nelle ricette di crespelle e pancakes e nelle ricette di pane, nelle quali può sostituire fino a un terzo (ma non oltre) della quantità totale di farina.

Si trova in due varietà: di miglio dorato (colore chiaro) e di miglio selvatico (colore bruno).

Farina di riso: insieme a quella di mais, è la farina gluten free più conosciuta e utilizzata. In commercio si trova bianca e integrale, e a grana più o meno fina in base al tipo di macinatura. Praticamente perfetta per tutte le ricette senza glutine, dalla pasta e la pizza fatta in casa, ai biscotti, ai dolci soffici, si utilizza molto anche per pastelle e zuppe.

Farina si sorgo: è conosciuta anche con il nome di “farina di durra”. Si ottiene dai semi della pannocchia del sorgo (soprattutto il sorgo bianco), pianta di origine africana che lentamente stiamo riscoprendo anche qui. Questa farina è leggera e delicata, è ricca di vitamine, sali minerali e fibre e ha un sapore tendenzialmente neutro: per questo, si può usare in ricette dolci e salate, anche in purezza.

Farina di teff: la farina che se ne ricava è sempre integrale, perché si ottiene da un chicco di dimensioni microscopiche, dal quale è ovviamente impossibile separare la crusca dalla parte interna. Il suo sapore, tendenzialmente dolce, è quindi sempre molto ricco, tostato e pieno, e si sfrutta nelle ricette di frolle e paste brisée, biscotti, pancakes e pane senza glutine, in cui può sostituire fino al 25% della farina totale.

FARINE SENZA GLUTINE OTTENUTE DA PSEUDOCEREALI

Farina di amaranto: ottenuta dai piccolissimi semi dell’Amaranto, pianta di origine centro americana, è ricchissima di aminoacidi essenziali tra cui spicca la lisina, che non si trova negli altri cereali.

È una farina dal sapore deciso, quasi tostato, che ricorda il sapore della frutta secca e del malto. È ottima insieme alla farina di riso o alla farina di quinoa, e va miscelata con accortezza negli impasti di pane e pizza.

Farina di canapa sativa: dalle sorprendenti proprietà nutritive, è stata riscoperta da poco soprattutto dalla cucina creativa. Si ottiene dalla Cannabis sativa (priva di sostanze psicotrope), ha un retrogusto nocciolato buono che, mescolato con altre farine dà risultati sorprendenti nei dolci, nei primi e nei pani. La farina inoltre, essendo molto proteica, viene consigliata nelle diete sportive: si può aggiungere ai frullati, nelle salse, nei gelati o si assume sciolta in acqua.

Farina di grano saraceno: a dispetto del nome, questa farina non si ottiene da un cereale, men che meno dal grano, ma da una pianta della famiglia del rabarbaro! Già conosciuta in molte ricette italiane e no (la farina di grano saraceno infatti si utilizza per preparare i pizzoccheri valtellinesi, i blinis, i soba noodles), si può utilizzare in generale per preparare pasta fresca e ricette di pane (miscelata con altre farine gluten free), crespelle e dolci. Ha un gusto marcato, deciso, quasi tostato e vagamente amarognolo.

Farina di quinoa: da usare in purezza o con altre farine, è un ingrediente molto versatile, ricco di proteine e dall’indice glicemico basso. Ha un gusto particolare (ricorda quello dei legumi), e in commercio si trova anche nella versione tostata. Si utilizza principalmente nelle ricette salate ed è perfetta per i pani.

FARINE SENZA GLUTINE OTTENUTE DA LEGUMI E FRUTTA SECCA

Farina di ceci: da sempre molto amata nella cucina tradizionale del nostro paese, è anche ricca di nutrienti perché mantiene quasi intatti quelli del legume dal quale si ricava. Ricchissima di fibre, ha un sapore dolciastro che però si abbina bene al salato: per questo si utilizza per preparare farinate e panelle, polpette, frittate veg, tortini, e per addensare salse e sughi. Ottima anche per rosolare e friggere, si può tostare in forno per mitigare il sentore di legumi e denaturarne le proteine.

Farina di lupini: ottenuta da questo legume considerato “povero” ma in realtà uno dei più ricchi di proteine (38 g per 100 g di prodotto, quantità paragonabile a quella della carne e superiore a quella delle uova), si utilizza soprattutto nelle ricette dei prodotti da forno sia dolci sia salati.

Farina di mandorle: ottenuta dalla macinatura dei semi contenuti nei frutti del mandorlo, è povera di carboidrati, ricca di vitamine E e di grassi monoinsaturi, dal basso indice glicemico ma dalle calorie elevate. Dal sapore dolce e pieno, si utilizza soprattutto nei dolci. La farina di mandorle si può macinare molto facilmente a casa: basta macinare le mandorle (sgusciate o no) in un mixer con lame affilate per chicchi di caffè e frutta secca, senza eccedere nei tempi perché si otterrebbe una “crema” pastosa.

Farina di castagne: Esperti di castagne ritengono questo frutto ideale per chi è celiaco, poichè prive del tutto di glutine e possono essere mangiate anche dai bambini intolleranti al lattosio. E’ possibile anche usare la farina di castagna, anch’essa completamente priva di glutine e ottima per ricette gustose per tutti. Questo tipo di farina si può anche preparare in casa, ma in caso contrario assicuratevi di acquistare la farina di castagne pure leggendo attentamente sulla confezione che non siano stati utilizzati altri farinacei per la produzione, in quel caso meglio desistere, anche se la denominazione farina di castagne pura dovrebbe essere composta da sole castagne essiccate e poi macinate.

Le proprietà benefiche delle castagne

Le castagne sono utilissime per la salute e anche se dopo averne mangiata qualcuna si prova un gran senso di sazietà, queste contengono meno calorie delle noci e dei semi anche se il loro apporto calorico cambia a seconda di come vengono mangiate.

Se vengono arrostite contengono 190 calorie per 100 grammi, se bollite 120 e se invece mangiate secche beh in quel caso le calorie diventano 300.

Le castagne sono ricche di sali minerali tra i quali spiccano: potassio, fosforo, zolfo, magnesio, calcio e ferro, contengono amido e fibre ed in più sono una ricchissima fonte di Vitamina C.

Questo frutto oltre ad essere adatto per i celiachi viene introdotto nella dieta degli sportivi, grazie alle sue proprietà nutrizionali e sono ottime per ridare energia a chi si sente spossato e stanco. Sono tantissimi dunque i benefici di questi frutti, che possono essere mangiati come spuntino lontano dai pasti o anche attraverso ricette gustose, il tutto senza mai esagerare.

Le controindicazioni delle castagne

Le castagne hanno un alto indice glicemico e per questo non sono adatte per i diabetici, in più vanno mangiate nelle porzioni giuste soprattutto se secche, perchè in quel caso contenendo 300 calorie per 100 grammi possono far aumentare di peso. Questa è comunque la regola basilare per tutti gli alimenti e cioè mai superare la soglia della decenza quando si mangia, perchè anche il più salutare dei cibi può comportare l’aumento di peso

FARINE PROIBITE: LE PIÙ COMUNI CONTENENTI GLUTINE

Farina di frumento: tutte le farine di frumenti (tenero, duro, 0, 00, 1, ecc) contengono glutine e vanno evitate.

Farina di farro: spesso proposta erroneamente tra le scelte gluten free, il farro contiene glutine esattamente come il frumento. Va evitato come farina e come cereale intero: fate quindi particolarmente attenzione a zuppe “dell’orto”, minestroni arricchiti e insalate fredde di cereali, dove è spesso presente.

Farina di kamut: con il nome commerciale di “Kamut” si intende il Triticum khorasan, un frumento di origini orientali, ma appunto frumento, e quindi certamente glutinoso. Attenzione quindi alle ricette che prevedono kamut e soprattutto ai prodotti “di Kamut”, come cracker, pizze e pane.

Farina di segale: non comune come le altre, anzi, abbastanza difficile da trovare nei supermercati, contiene glutine e quindi va esclusa dalla dieta gluten free. Si trova soprattutto nei pani scuri, molto utilizzati nell’Europa del Nord e a volte aggiunta ai panificati “rustici” e integrali.

Castagne – frutti d’ autunno

Con l’arrivo dell’autunno un frutto che non può mancare nelle nostre tavole è la castagna soprattutto per le sue molteplici proprietà benefiche.

Il periodo delle castagne va da ottobre inoltrato a tutto novembre. Le castagne sono un frutto molto prezioso, sia per la bellezza degli alberi, che appartengono alla famiglia delle fagaceae e sono molto diffusi nell’Europa meridionale e in particolare in Italia, sia per le loro proprietà e qualità. Dentro una buccia marrone, grande e resistente, c’è una polpa che ha straordinarie caratteristiche energetiche e nutritive.

Nella stagione autunnale l’albero selvatico Castanea sativa fruttifica quelle che noi tutti chiamiamo castagna che va distinta dal “marrone”, risultato finale di una serie  di innesti e potature.

una vera e propria coltivazione specifica, mentre infatti le castagne sono più piccole, hanno una forma schiacciata e un colore scuro, i marroni sono più grandi, hanno una forma tondeggiante e un colore più chiaro. Inoltre, rispetto alle castagne, hanno un sapore più dolce e una maggiore croccantezza.

Tradizionalmente la cultura contadina insegna che le castagne possono sostituirsi a una fonte di carboidrati. Non è un caso infatti che Un tempo erano considerate “il pane dei poveri” Adesso sono utilizzate in tanti piatti della nostra cucina, dall’antipasto al dolce.

Le castagne sono un frutto molto prezioso, sia per la bellezza degli alberi, che appartengono alla famiglia delle fagaceae e sono molto diffusi nell’Europa meridionale e in particolare in Italia, sia per le loro proprietà e qualità. Dentro una buccia marrone, grande e resistente, c’è una polpa che ha straordinarie caratteristiche energetiche e nutritive. Il valore nutrizionale  di una castagna è paragonabile a quello del pane integrale, le castagne associano anche sali minerali importanti come fosforo e potassio, vitamine B2 e PP fondamentali per la salute dei tessuti, una buona percentuale di fibre e acido folico, una vitamina in grado di prevenire alcune malformazioni nel feto, motivo per cui le castagne sono un alimento da non trascurare durante la gravidanza e soprattutto tanti carboidrati complessi che le rendono una fonte di energia per l’intero organismo. Tuttavia, è proprio l’alta percentuale di carboidrati che rende le castagne un alimento abbastanza calorico da gustare con moderazione.

Dalla preziosa polpa di questo frutto si ricavava la farina di castagna, per una serie di applicazioni, dal pane ad alcuni piatti. Oggi la farina di castagna di fatto non è più diffusa come un tempo, ma l’uso delle castagne in cucina si è molto ampliato, coprendo tutti i piatti, dall’antipasto al dolce.

Venendo alle proprietà delle castagne, prima di esaminarle più da vicino, c’è da tenere presente, per dare un’idea della ricchezza di questo frutto, che appena 100 grammi di castagne ci regalano il 9 per cento del ferro del quale abbiamo bisogno, il 10 per cento del potassio e il 14 per cento del magnesio. Un tesoro. Da qui le qualità della castagna come rimedio naturale per i problemi intestinali, per rafforzare le ossa e i muscoli, per migliorare la circolazione. Una vera e propria miniera di sostanze benefiche quindi. È per tutte queste buone qualità che questo alimento di stagione dovrebbe essere presente sulle nostre tavole almeno tre volte a settimana, soprattutto nei periodi di stress e stanchezza. Mangiare le castagne può rivelarsi infatti un rimedio naturale utile nei casi di inappetenza o in quelli in cui si richiede un’alimentazione ricostituente. Senza contare che il loro potere energetico le rende perfette per chi pratica sport o svolge lavori particolarmente faticosi.

Se consumate in quantità adeguate, tutti possono consumare le castagne regolarmente.
Ad esempio, non vi è correlazione tra castagne e diabete, quindi, anche chi è affetto da diabete può inserirle nella propria dieta bilanciando al meglio il pasto con l’aggiunta di proteine e grassi.

In caso di allergia o particolari condizioni di salute è sempre consigliato chiedere il parere del medico.

UN ANNO DA DIMENTICARE per gli olivicoltori

di Placido Salamone

Sappiamo darci una motivazione per la bassa produzione annuale in olivicoltura nel nostro territorio? Di regola ad un elevata produzione nell’anno precedente, che in olivicoltura definiamo come un anno di carica si alterna un anno di scarica come quello attuale. L’alternanza di produzione nell’olivo, cioè la tendenza a produrre un raccolto abbondante in un anno e scarso nell’anno successivo, è un fenomeno che si presenta soprattutto negli oliveti abbandonati ma che può insediarsi e persistere anche in oliveti coltivati. L’alternanza di produzione può manifestarsi a diversi livelli di scala. Si passa da pochi alberi in un oliveto ad un intero comprensorio olivicolo, con effetti anche considerevoli sui dati produttivi di intere regioni. I fattori che innescano e perpetuano l’alternanza di produzione nell’olivo sono di due tipi: fattori esogeni ed endogeni. Tra i fattori esogeni troviamo le condizioni climatiche e gli interventi agronomici effettuati dall’uomo. Condizioni climatiche avverse, come ad esempio gelate tardive, eccessiva piovosità o condizioni di siccità durante il periodo di fioritura, possono danneggiare i fiori e ridurre notevolmente la mobilità del polline, comportando quindi una drastica riduzione della produzione dell’anno. D’altro canto, alcune pratiche colturali, quali l’irrigazione, la concimazione e la potatura, se condotte in maniera non appropriata, possono creare le condizioni favorevoli per l’innesco e il perpetuarsi dell’alternanza. I fattori endogeni che determinano l’alternanza di produzione nell’olivo sono invece riconducibili ai fenomeni di competizione idrico-nutrizionale e ai meccanismi ormonali implicati nell’induzione delle gemme a fiore durante le fasi di fioritura e primo sviluppo del frutto. In questo periodo, infatti, nell’olivo sono contemporaneamente in atto tre importanti processi: la fioritura/allegagione, lo sviluppo dei nuovi germogli e l’induzione delle gemme a fiore. La fioritura e i frutticini appena formati esercitano un forte richiamo per l’acqua e gli elementi nutritivi che, quindi, saranno disponibili in minor misura per gli altri processi. Questo comporta che in condizioni di abbondante fioritura e allegagione l’accrescimento vegetativo potrebbe risultare stentato, con conseguenze negative sulla produzione dell’anno successivo. Infatti, poichè il nuovo germoglio in accrescimento rappresenta la porzione di ramo che fruttificherà l’anno seguente, il suo ridotto allungamento implicherà una minore quantità di siti potenziali per la fruttificazione. L’altro fattore endogeno implicato nell’alternanza di produzione è legato ai meccanismi ormonali. È stato visto che i frutti in fase di sviluppo sembrano ridurre la fioritura attraverso un messaggio inibitorio rilasciato dal seme durante il periodo di induzione delle gemme a fiore. Quindi, la presenza di una abbondante fruttificazione sulla chioma comporterà una minore differenziazione delle gemme a frutto e, quindi, una minore produzione di olive nell’anno successivo.

Come accennato precedentemente, le tecniche colturali utilizzate possono incidere marcatamente sul fenomeno dell’alternanza. A tal proposito, è fondamentale che tutti gli interventi colturali vengano misurati e applicati in maniera tale da contenere il fenomeno. Infatti, operazioni colturali quali l’irrigazione, la concimazione e la potatura possono attenuare o accentuare l’alternanza in base alle modalità di esecuzione. Ad esempio, una corretta gestione dell’irrigazione durante il periodo di fioritura e primo sviluppo del frutto favorisce l’accrescimento della drupa e contemporaneamente supporta il corretto sviluppo del germoglio, anche in condizioni di bassa umidità nel suolo e/o elevata carica produttiva. Allo stesso modo, un adeguato apporto di elementi nutritivi è importante per non alterare l’equilibrio vegeto-produttivo dell’albero ed assicurare produzioni costanti nel tempo. A tal proposito è bene ricordare che dopo un’annata di carica le concimazioni azotate andrebbero limitate in quanto potrebbero indurre un eccessivo sviluppo vegetativo a scapito della produzione e, quindi, un ampliamento dell’alternanza. Infine, per quanto riguarda la potatura è stato visto che il fattore più importante risulta essere l’intensità dell’intervento. Prima di iniziare con la potatura è bene tener conto dei risultati produttivi dell’anno precedente. Dopo un’annata di bassa produzione è consigliabile effettuare una potatura più energica, magari effettuando anche i tagli “lasciati in sospeso” l’anno precedente, in modo da stimolare l’attività vegetativa che altrimenti verrebbe limitata dalla presenza di un elevato carico di frutti sulla chioma. Al contrario, dopo un’annata di carica è bene ridurre l’intensità della potatura effettuando solo i tagli “indispensabili”, in quanto una potatura severa potrebbe stimolare ulteriormente l’attività vegetativa a scapito della produzione dell’anno. Studi effettuati in alcuni Paesi mediterranei hanno mostrato una stretta correlazione tra la produzione annuale di polline e la resa in olive attraverso il campionamento nell’aria di granuli di polline di olivo in aree olivetate. La grande produzione di polline dell’olivo è una conseguenza dell’elevato numero di fiori presenti, soprattutto nelle annate di carica (elevata produzione di olive). L’olivo presenta una grande percentuale di fiori ermafroditi ma fisiologicamente maschili a causa della sterilità morfologica, nota come “aborto del pistillo”, dovuta a vari fattori (genetici, nutrizionali, ambientali, etc.). I fiori fisiologicamente maschili differiscono da quelli ermafroditi esclusivamente per la parziale o totale necrosi del pistillo mentre non sembrano esserci differenze per la produzione dei granuli pollinici, da parte delle antere, tra le due tipologie fiorali. Nonostante le migliaia di infiorescenze presenti sul singolo albero ed i milioni di granuli pollinici prodotti, l’allegagione nell’olivo è generalmente pari all’1-5%. La vitalità dei granuli pollinici può essere controllata mediante varie tecniche quali i coloranti citoplasmatici, le reazioni enzimatiche e la germinazione su substrati idonei. Studi per valutare la vitalità del polline di cultivar di olivo sono alquanto limitati, ed ancor più scarse sono le informazioni relative alla qualità del polline misurata con le diverse tecniche in annate di carica e scarica.